IO E IL LEONE
Ho fatto un sogno, di quelli che irrefutabilmente
sei tu e non lo sei. Ero io, solo, benché fossimo in due. Accadeva
nella prateria, a pochi passi da un leone appisolato.
Semplicemente lo chiamavo col suo nome.
- Leone!
Quello, con lo scatto del felino che è, mi balzava addosso con
inaspettata ferocia.
Esterrefatto e altrettanto stupefatto, lo vedevo sbranare quell’altro
che ero sempre io. Smembrava me che ero l’altro.
Sentivo il dolore lancinante della mia carne dilaniata. Immobile, mi
vedevo squarciare irrimediabilmente nell’altro, mentre l’angoscia
era sul punto di tracimare con ferale consequenza.
Non individuavo altra ragione di tanta ferocia che non fosse, paradossalmente,
quella della mia innocenza.
E dire che io ho sempre riconosciuto la sua!
L’unica possibilità di difendermi era quella di svegliarmi.
E l’ho fatto spalancando gli occhi nel buio della stanza.
Passando dal sonno alla veglia, l’illusione del dolore fisico
è subito svanita. Non così il senso acuto di un non meglio
identificabile malessere.
Mi sono finalmente acquietato del tutto solo quando ho convinto me stesso
che l’indomani mattina avrei tranquillamente fatto piena luce
su questo oscuro linguaggio cifrato.
Soltanto allora ho ripreso sonno.
Racconto inedito di Augusto
Pantoni