Alle origini di Ignitor
Per migliaia e migliaia di anni abbiamo creduto che l’universo dalla creazione, o se preferite dalla sua nascita, non fosse più cambiato.
All’astronomo non restava che il compito di scrutare il cielo e scoprire i pianeti e le stelle fino alle più lontane.
Fu Galileo a mettere in dubbio queste certezze quando scoprì nella nostra galassia la presenza di una nuova stella, ma soltanto in tempi recenti si è potuto osservare che le stelle nascono e muoiono.
Ma se le stelle nascono e muoiono qual è la loro natura?
Di quale materia sono fatte?
Per rispondere a queste domande fisici e astrofisici a partire dall’inizio del 1900 si applicarono con sempre maggior impegno, formulando dapprima ipotesi, per arrivare poi alle attuali cognizioni.
Il sole e le altre stelle sono fatti di plasma, denominazione che si deve al chimico e fisico americano Irving Langmuir che nel 1928, lo definì il quarto stato della materia.
All’incirca negli stessi anni l’astrofisico inglese Arthur Eddington ipotizzò che l’energia generata dal sole e dalle altre stelle fosse dovuta ad un processo di nucleo sintesi, detta anche fusione, secondo la quale i nuclei degli elementi che formano il plasma stellare venendo a contatto formano nuovi nuclei di massa minore e, applicando l’equazione di Einstein E = MC2, alla perdita di massa M, corrisponde la produzione di energia E (per inciso ricordiamo che la velocità della luce C è di 299.792,458 km/s).
Poichè oggi e ancor più domani l’energia è e sarà il bene primario per il sussistere della nostra civiltà, del nostro benessere, infine del nostro stile di vita, riuscire a realizzare sulla terra la fusione stellare permetterebbe di generare energia pulita senza doverci preoccupare per il futuro.
Fu dunque naturale che, già negli anni trenta dello scorso secolo, si affacciò l’idea di produrre sulla terra energia attraverso la fusione stellare o nucleo sintesi.
Nel seguito citiamo l’esemplare e straordinaria professoressa Franca Magistrelli che per lunghi anni ha collaborato con il professor Bruno Coppi: “quando si scoprì che le reazioni di fusione che hanno luogo nelle stelle procedono per miliardi di anni l’idea stessa fu considerata una pura utopia, tanto più che nel sole e nelle altre stelle l’energia prodotta per unità di massa è molto piccola, se l’energia totale da esse liberata è enorme ciò è dovuto al fatto che anche la loro massa è enorme”.
Dunque per produrre sulla Terra energia da fusione avrebbero dovuto essere ideate soluzioni che perlomeno garantissero tempi brevi.
Per conseguire le precondizioni gli scienziati compresero che si doveva portare il plasma a temperature altissime, dell’ordine di centinaia di milioni di gradi.
La cosa sembrò impossibile.
Detto per inciso la correlazione tra temperature altissime e fusione, può indurre nell’equivoco di credere che fusione significhi liquefazione, mentre in realtà a temperature altissime corrispondono quelle altissime energie che provocano la nucleo sintesi, cioè la congiunzione dei nuclei e la formazione di nuclei più leggeri con la conseguente liberazione di energia.
Ma per quanto utopica sembrasse la fusione gli studi ripresero negli anni ’50, quando in Russia Andrej Sakharov (premio Nobel per la pace nel 1975), e Igor Tamm progettarono il Tokamak.
Nel 1958, in un clima politico, che voleva porre fine alla guerra fredda, Nikita Kruschevautorizzò gli scienziati russi, nella persona del loro leader Igor V. Kurchatov, a rendere pubblici i dettagli per costruire un Tokamak.
Ma fu il 1968 l’anno della svolta quando a Novosibirsk gli scienziati russi annunciarono di aver raggiunto in un Tokamak la temperatura di 1.000 eV, cioè di circa 10 milioni di gradi centigradi.
L’impossibile era diventato possibile, la fusione non era più un’utopia.
A Novosibirsk Coppi c’era. |