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MANÌ, NUEVA IMAGINACIÓN AL BARBARO

 

Oltre l’Occidente:
Da Buenos Aires una serie d’impressioni di chi vive parte del suo immaginario tra due continenti e due culture.

Lo Fundamental de nuestras coincidencias es la convinción de que la única forma de aventurarse en el arte es la de aventurarse en el hombre. Una Pintura con “seguro de vida” nunca logrará ese fin propuesto.
Noé, Deira, Macció, De la Vega. MNBA 1963

Ricordo esattamente l’emozione che provai entrando nel BarbarO: lo stupore e la voglia prorompente di essere anch’io più di sempre libera e autentica come persona, cioè nelle mie opere.
L’Europa ha una storia e una cultura infinite e non so perché, nonostante abbia letto e studiato e conosciuto le opere di numerosi famosi artisti del mio continente, ciò che modificò, o meglio mi diede la coscienza di quanto già risiedeva dentro di me, e cioè il mio modo di sentire e percepire, avvenne a Buenos Aires.
Le opere dei pittori Noé, di Deira, di Macció e di De la Vega squarciarono gli ultimi brandelli che mi rimanevano di una estetica convenzionale e mi diedero il coraggio di essere quale sono e il BarbarO (Bar o Bar) mi accolse come pittrice.
Tutto si muove attraverso uno strano sincronismo che, se sappiamo riconoscere, ci dà una sicurezza nell’incertezza totale della vita. Ci muoviamo senza schemi, camminando incontro alla realizzazione del nostro essere che non conosce un percorso tracciato ma riconosce momenti fondamentali: intuizioni che ci riempiono di luce, in un istante, e ci rimangono nella memoria come rocce alle quali aggrapparci nel momento in cui l’oblio rischia di dissolverci, vittime della nostra temporanea finitudine.
Ed ecco nel mio cammino, e soprattutto in vari viaggi a Buenos Aires, ho potuto conoscere le opere degli artisti che appartengono a quella che qui chiamano “Nueva Figuración”. Lascio descrivere a chi è più preparato di me di che si tratta, ai curiosi consiglio di navigare nel sito delle Belle Arti di Buenos Aires, in quanto proprio in questo momento, tra le esposizioni celebrative del Bicentenario, dopo una stupenda monografica su Berni, è stata organizzata una esposizione su questo “esplosivo” quartetto, che fu protagonista “di uno dei capitoli più significativi della storia dell’arte argentina della seconda metà del XX secolo” (parole testuali della curatrice).
Anch’essi cercarono di indagare sull’istituzione della pittura come ricerca di una nuova immagine che rappresenti l’uomo ed il suo contesto. Per spiegare meglio utilizzerò le parole di Jorge De la Vega del 1963 e di Macció del 1991:
“Quiero que mi obra choque con el espectador con la misma intensidad con que chocan todas sus partes entre sí por pequeñas que sean. Una ficha de nácar sobre una mancha. El número junto a una piedra. Una bestia de oropel. Una quimera de humo. Seres midiendose con el vacío y un espejo para que se miren”.
“Voglio che la mia opera colpisca lo spettatore con la stessa intensità con la quale si colpiscono tra loro parti dentro di lui per quanto piccole siano. Una tassello di madreperla sopra una macchia. Un numero unito a una pietra. Una bestia orpello. Una chimera di fumo. Esseri che si misurano con il vuoto e uno specchio affinchè si guardino”.

“Retratos del hombre ¿pero cuál? De su rastro, de su incógnita, de su horror, de su alegría, saliendo del fondo de su alma de la noche del tiempo,  imagen que partiría de un oscuro núcleo (como el mismo arte) que solo la pintura puede iluminar. Pintura como acción irracional buscando la belleza (esa especie bárbara). Vida y muerte de los estilos o posiciones visuales”.
“Rappresentazione dell’uomo, però quale? Della sua origine, delle sue paure, della sua allegria, salendo dal profondo della sua anima dalla notte dei tempi, immagine che incomincia da un oscuro nucleo (come nell’arte) che solo la pittura può illuminare. Pittura come azione irrazionale alla ricerca della bellezza (questa cosa meravigliosa). Vita e Morte degli stili e degli schemi visuali”.
Nel 1969, stesso anno della mia nascita, in calle Reconquista 874 Luis Felipe Noé fondò el Bar o Bar o Bar Bar O dove si riuniva con il gruppo chiamato Nueva Figuración perché, come Noé descrive, l’intenzione era “di porsi davanti all’atto creativo in una attitudine totalmente spregiudicata”.
Nel 2003 nel mio primo viaggio a Buenos Aires, amici argentini mi portarono al Barbaro che nel frattempo aveva cambiato location trasferendosi in Tres sargentos 415.
La Magia che percepii era unica, e proprio al BarbarO cominciai a sorprendermi e ad apprendere. Non ho mai saputo descriverlo. E’ un vero e proprio luogo di culto artistico ricco di sculture, quadri, pitture realizzate sulle vetrate (che sono state dipinte da Macció e Noé), sui soffitti dei bagni. Si possono annoverare opere di Fontana, Libero Badi, Vicente Forte, ogni dettaglio comprese le decorazioni è curato e non casuale, si avverte chiramente. Ma allo stesso tempo è un pub tranquillo dove tutti sono ben accetti, anche le colombe che a volte fanno visita ai tavolini esterni al bar. Tutti i sabato all’ora di pranzo molti pittori continuano a riunirsi e a parlare di arte o ciarlare, a litigare se si è bevuto un bicchiere di troppo. Al BarbarO ho avuto il piacere di incontrare Macció. Sfortunatamente non ho potuto conoscere De la Vega e Deira che sono morti. Noé l’ho incontrato successivamente quando festeggiò i 20 anni di collaborazione con la galleria Rubbers.
Al BarbarO ho conosciuto per la prima volta, la “Nueva Figuración”, sempre al BarbarO nel 2007, scoprii che già ero.
Nel 2007 ho incontrato Francisco, il proprietario del BarbarO collezionista e pozzo di conoscenza, con lui si può parlare (quando ti può concedere un pò di tempo) di arte, di vita quotidiana, di business, di esoterismo e di spiritualità: porta sempre con sè un libro di Osho.
Nello stesso 2007, sono stata invitata da Francisco a partecipare, io unica italiana, al gruppo Manì (Movimiento Artístico Nueva Imaginación). Dal BarbarO cominciò la mia avventura artistica e personale a Buenos Aires.

15 novembre 2010
Claudia Bellocchi
Buenos Aires, ottobre 2010


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