I tanti volti di Boris Hoppek
Un’enorme parete bianca sulla quale scorre veloce e senza esitazione un pennarello nero che traccia di fronte ai nostri occhi linee rette e circolari che danno magicamente vita a volti stilizzati e inaspettatamente espressivi.
A guidare con tanta padronanza e creatività quel pennarello è l’eclettico Boris Hoppek, artista tedesco che vive ormai da anni a Barcellona, considerato una delle punte di diamante della street art e dell'urban action a livello internazionale.
Guardare Hoppek all’azione fa venire in mente gli ormai famosi “writers”, che agiscono all’interno dei contesti urbani di tutto il mondo per imporre il proprio pseudonimo a colpi di graffiti. Ma Hoppek non è un semplice writer, è un sofisticato street artist, ovvero un artista che opera in spazi pubblici non semplicemente per marcare il territorio con il suo nome e i suoi simboli, ma per dar vita ad un processo creativo che si concretizza e acquista significato nello spazio che lo circonda. Il tutto all’insegna dell’impatto emotivo e dell’interazione con un pubblico eterogeneo, che diventa inconsapevole spettatore di un’opera d’arte.
Hoppek è uno dei 39 artisti della mostra collettiva “Apocalypse Wow!”, curata da Julie Kogler e Giorgio Calcara, che con il patrocinio del Comune di Roma celebra al MACRO Future le nuovissime correnti artistiche del Pop Surrealism, del Neo Pop e della Urban Art. E’ proprio qui, nella suggestiva sede dell’ex-mattatoio di Testaccio, che Boris Hoppek ha creato la sua opera “site specific”, iniziata sabato 16 gennaio di fronte allo sguardo attento di una folta compagine di giornalisti e conclusa il giorno successivo per essere mostrata al pubblico.
La caratteristica principale di Hoppek è l’immediatezza, segno distintivo che gli permette di toccare efficacemente anche temi importanti e delicati come quello dell’immigrazione. Numerose, infatti, sono le opere nelle quali il suo tratto stilizzato e minimalista dà corpo a barchette precarie, cariche di omini in balia della sorte, la sorte quasi sempre tragica di uomini in fuga.
L’icona di riconoscimento di questo artista è, come si legge nel comunicato di presentazione dell’evento, semplice ma di grande impatto: un ovale nero con due cerchi bianchi e un cerchio rosso; quanto basta per raffigurare una testa con occhi e bocca. Prende vita, così, nelle opere di Boris il cosiddetto “Negrito”, dal viso stilizzato e dal corpo variabile, che diventa la sua sigla inconfondibile capace di trasformarsi in qualsiasi oggetto. Persino nei pupazzi a tre dimensioni divenuti famosissimi col nome “C’mons”, simpaticissimi protagonisti di una fortunata pubblicità televisiva realizzata per un’importante azienda automobilistica tedesca.
L’arte di Boris Hoppek si manifesta con tutta la sua carica espressiva e la sua originalità in questa sua ultima opera “site specific” che rimarrà esposta al MACRO Future fino al 31 gennaio nell’ambito della mostra “Apocalypse Wow!”.
Linda Fratoni
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