Il rapporto con il prossimo, nelle arti visive, è spesso limitato ad una visione estetica, per comporre un lavoro di un susseguirsi di visi, in immagini fisse o in video, per un lettura esteriore delle espressioni e dei caratteri somatici, una rilettura della fisiognomica, per notare le inevitabili differenze dell’umanità, ma raramente si sofferma sulle affinità.
Accostare un volto dalla pelle chiara ad un altro di differente tonalità non può essere solo un piacevole esercizio cromatico e di equilibri, ma anche una riflessione di quanto possa essere omologabile un viso ad un altro se si eliminasse il colore per proporli in tonalità di grigi.
Oliviero Toscani, lo scorso anno, aveva inviato una squadra di fotografi nei vari angoli d’Italia, allestendo ad ogni tappa dei veri e propri studi fotografici e video, per documentare non solo le facce degli italiani, ma anche di chi risiede nel Bel Paese, per un lavoro di confrontare gli occhi dei trentini con quelli dei molisani, le labbra liguri con quelle siciliane e così via.
Centinaia di immagini per un indagine sulla “Razza Umana/Italia” (www.razzaumana.it), un operazione che Toscani svolge nell'ambito del programma Nuovo Paesaggio Italiano, non dissimile all’iniziativa espositiva portata avanti dagli artisti Ari Versluis e Ellie Uyttenbroek. Il duo olandese, da sempre interessato ai “dress codes” (codici d’abbigliamento), ha sviluppato nel corso degli ultimi quattordici anni delle micro-raccolte tematiche per luogo e tempo. La loro collaborazione, iniziata fin dall’ottobre 1994, si ispira ad un interesse comune rivolto a questi codici relativi a diversi gruppi sociali, sistematicamente documentati nelle diverse identità. La loro ricerca si ispira ai luoghi eterogenei e multiculturali scoperti nelle strade di Rotterdam, New York, Parigi, Milano e Pechino. Hanno chiamato la loro serie Exactitudes (una contrazione dei termini inglesi exact e attitude), traducibile in “stesso atteggiamento”, “stessa posa”. Una serie di ritratti fotografici multipli realizzata e allestita anche a Roma (2009) oltre che a Parigi, Berlino, Londra, Toronto, Buenos Aires, New York, raccolti sotto il titolo “Exactitudes” (www.exactitudes.com). Un’umanità in pose simili e uno specifico codice d'abbigliamento, con dei risvolti antropologici, sposine, teenager, punk, vagabondi, fan del tatuaggio, macellai e molto altro, che pone in risalto l'apparente contraddizione tra identità e uniformità.
Una naturale evoluzione del lavoro del duo olandese è rappresentato da “6 Miliardi di Altri” (www.6milliardsdautres.org) dall’attuale intervento di Yann Arthus-Bertrand, nello spazio dei Mercati di Traiano Museo dei Fori Imperiali sino al 26 settembre 2010, con 5.600 interviste filmate in 78 paesi da 6 registi che sono andati in cerca degli Altri. Dal pescatore brasiliano al negoziante cinese, dall'attore tedesco al contadino afgano, tutti hanno risposto alle stesse domande sulle loro paure, i loro sogni, i loro momenti difficili, le loro speranze. Una prospettiva sull’umanità che racconta la nostra storia comune. Una serie di video interviste, per raccontare la filosofia e le esperienze di vita degli abitanti del Pianeta.
Estremamente ristretto è l’area geografica presa in considerazione da Kutlug Ataman, per realizzare la video installazione “Mesopotamian Dramaturgies”, allestita, sino al 12 settembre 2010, in uno degli spazi del MAXXI a Roma (www.fondazionemaxxi.it), lavorando sull’identità della Turchia contemporanea, tra Oriente e Occidente, una terra mezzo sospesa tra modernizzazione e tradizione, globalizzazione e persistenza delle culture locali. Un paese dove, come ricorda Ataman, “è stato deciso con una rivoluzione che la nuova identità nazionale doveva essere occidentale e laica”.
Noto internazionalmente, Kutlug Ataman, esplora con il suo lavoro la natura complessa dell’identità personale e collettiva, esaminando il modo in cui le persone creano e riscrivono le proprie storie mentre si raccontano agli altri. Le sue opere esprimono sentimenti di profonda intimità e allo stesso tempo affrontano anche vaste tematiche sociali, interrogandosi sulla possibilità, non solo per la Turchia, di dare luogo a modernità alternative a quella occidentale.
Gli Altri, l’Altro come nell’omonimo libro di Enzo Bianchi (Einaudi), siamo noi ed è consigliabile conoscerli e non ignorarli, parlarci e non esorcizzarli, l’arte e la cultura, in generale, è un’occasione per comprendere ciò che ci circonda.
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