Nessuno sfugge alla propria natura. sembra questa in sintesi la morale del primo lungometraggio d'animazione di Wes Anderson. La volpe protagonista, il signor Fox appunto, perde letteralmente il pelo, anzi la coda, ma non il vizio. Dove vizio si intende una fatale attrazione per l'illecito, per il brivido del pericolo che nella fattispecie si concretizza nel classico furto di galline. Wes Anderson ha dichiarato che "Fantastic Mr. Fox" di Roald Dahl è stato il primo libro regalatogli dai genitori. Potrebbe anche essere vero, ma poco importa rispetto al fatto che Anderson crea un opera politicamente scorreta, ineccepibile summa della sua estetica. A casa Fox si respira il cupo umorismo con cui aveva già descritto un gruppo familiare disfunzionale, i Tennenbaum. Ma c'è anche spazio per il nosense del viaggio sul treno il Darjeeling. Per Anderson l'amore tiene unite le famiglie, ma fatalmente coesiste il disagio della routine. E quindi non basta la deliziosa moglie pittrice o il figlio che cerca attenzione a riempire la vita della volpe e saziarne il bisogno primordiale di anarchia. Rivelatoria in questo senso la scena, del tutto inventata rispetto alla fiaba originale, in cui la volpe incrocia in lontananza il lupo e lo saluta, ricambiato, con il pugno chiuso.
Se si presenta l'occasione merita l'ascolto la versione originale, in cui la volpe ha la voce compiaciuta e vanitosa di George Clonney. Perfetta la scelta della colonna sonora, come Tarantino, Anderson ha la capacità di rendere funzionali al suo cinema canzoni famose, e così Street Fighting Man potrebbe benissimo chiamarsi Street Fighting Fox.