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L’OSCURITÀ DI UN FUTURO DIGITALE

 

Con il recente restauro dell’edificio La Pelanda si accresce il patrimonio gestionale di Macro nell’ex Mattatoio, dove contava già due capannoni, e con l’imminente inaugurazione della nuova ala tra via Nizza e via Cagliari, la struttura comunale dedicata all’arte contemporanea va ad inserirsi di prepotenza nella realtà espositiva pubblica come luogo di riferimento e con ambizione di affacciarsi panorama mondiale con proposte italiane.

La Pelanda non è solo il recupero di uno spazio di morte all’arte contemporanea, ma l’occasione per seppellire l’arte sino ad oggi conosciuta e veder nascere l’immateriale, il nulla, ponendo le basi dell’ambizioso progetto di rendere Roma capitale tecnologica di un’utopia d’arte. Questo luogo di 5mila mq dovrà aprirsi alla “sperimentazione”, sostituendo i quarti di bue penzolanti dai ganci sulle rotaie di questa architettura novecentesca, con schermi e altoparlanti per immagini e suoni immersi nell’oscurità.

Uno spazio pubblico per l'arte e la produzione culturale contemporanea, dove i curatori e gli organizzatori dovrebbero proporsi come ponte tra l’artista e il pubblico, ma svolgendo con più successo il ruolo di mediatori finanziari, dimenticando di rendere avvicinabile ai neofiti la contemporaneità e ancor più la futuribilità di quest’arte.
È un compito arduo rendere comprensibile ciò che si vede o si intravede nell’oscurità, stimolandone la curiosità del visitatore, ma soprattutto per cercare di far uscire, questa arte fatta di immagini e tecnologia, dalla nicchia elitaria degli addetti ai lavori.
Niente materia e manualità nelle realizzazioni di questi innovativi artisti (Ryuichi Sakamoto, Shiro Takatani, Jeffrey Shaw, Ulf Langheinrich, Michel Bruye're, Erwin Redl, Thomas McIntosh, Emmanuel Madan, Mikko Hynninen, Julien Maire, Christian Partos, Li Hui), selezionati da Richard Castelli dal panorama mondiale contemporaneo.

Sale allestite con miriadi di lucine verdi geometricamente collocate nello spazio per offrire una veduta notturna di un atterraggio strumentale o il coniugare marchingegni da rigattiere con video irroranti di luce, per ipotetiche continuità tecnologiche. Poi si possono incontrare ampi schermi per far scorrere quadratini luminescenti, vasche d’acqua stimolata dalla luce e dal suono. Ma che nostalgia per quando i 360° dell’arte era rappresentato dalle Ninfee di Monet esposte in una sala ben illuminata dell’Orangerie e non in una buia camera in uno dei padiglioni ex Mattatoio dove far scorrere sullo schermo tutto intorno un budellone dalla forma in continua mutazione e sulla cui superficie tanti tasselli di singoli video. Un volume animato, simile ad un arto che si allunga crescendo e decrescendo, che si veste con milioni di sollecitazioni visive e informative, avvolgendo lo spettatore che utilizza gli occhialetti 3D, per godere al massimo dell’AVIE, una tecnologia spettacolare made in Australia, forgiata all’Università del South Welles che delizia i fan di Matrix & Co., ma addio all’arte da godere fuori dalle camere oscure.

 
6 aprile2010
 
g.l.
DIGITAL LIFE
Sede   Roma - MACRO La Pelanda (ex Macelli)
web

http://romaeuropa.net

Durata Dal 3 marzo al 2 maggio 2010
Tel 06/45553000


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