...c'è di mezzo il mare, un vechio proverbio quanto mai calzante nel caso dell'adattamento/rimaneggiamento di Lewis Carrol ad opera di Tim Burton. Infatti se in teoria Burton dovrebbe essere quanto mai adatto e "predisposto" ad interpretare le stranianti meraviglie che si celano nella tana del BianConiglio alla prova dei fatti lo scarmigliato regista sforna un film straordinariamente ordinario e conformista.
La sceneggiatura di Linda Wolverton che unisce insieme sia "Alice nel Paese delle meraviglie" che il seguito "Attraverso lo specchio e quello che Alice vi trovò", cassa alcuni elementi caratterizzanti del Sottomondo e punta sullo scontro fra le due regine ricalcando toni e atmosfere da "Signore degli Anelli" e/o "Conache di Narnia". L'introduzione poi di un matrimonio di convenienza come spunto per la fuga di Alice sembra più che altro un siparietto divertente, ma inutile (chi anche non sano di mente impalmerebbe un flacido figlio di mammà con problemi gastrici?). Il grande assente nel film di Burton è proprio il senso dello stupore nel sovvertire le regole. Alice non è un outsider in un mondo incomprensibile, ma piuttosto un'eroina canonica con tanto di predestinazione e immancabile tira e molla di "no, non voglio" ed "ebbene si". Così che quando alla fine dei conti si presenta al fatidico duello con il drago Ciciarampa armata e corazzata come una Giovanna d'Arco, nessuno in sala si sogna di essere minimamente preoccupato sul risultato finale. A poco serve il 3D che pure sembrerebbe idoneo e de efficace non solo come puro effetto speciale nel contesto delle Meraviglie, se si esclude la spettacolare caduta nella tana non sembra esserci altro buon motivo per infilarsi sul naso gli occhiali colorati.
Helena Bonham Carter nel ruolo della macrocefala Regina Rossa al comando della corte dei freaks è, come sempre, perfetta e nella parte. Da vera fuoriclasse ruba la scena e fatalmente riesce ad essere persino più simpatica della protagonista, la slavata Mia Wasiskovska. Mentre Johnny Deep, nel ruolo del vero outsider, è un cappellaio matto che ricorda una versione arruffata e malinconica del Willy Wonka di Gene Wilder e onestamente non gli si riesce a perdonare l'atroce "Deliranza" finale.
In finale se è assolutamente vero che tutti i migliori sono pazzi, non ci resta che augurarci che Burton riperda il lume della ragione al più presto possibile.
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