STALLE CHIUSE E BUOI SCAPPATI
Scritto nel 2001, questo libro appare ancora più vecchio di quello che è. Non dal punto di vista della consapevolezza degli sviluppi tecnologici recenti: in questo l’autore appare correttamente informato, cosa che peraltro non può essere sempre data per scontata nei teorizzatori filosofici.
Piuttosto, è il linguaggio che rivela immediatamente un metodo di speculazione filosofica che pochi, oggi, ritengono ancora utilizzabile. Un linguaggio filosofico complesso, sia per i termini che per i concetti utilizzati: la distinzione stessa tra etica e morale su cui si basa gran parte della discussione non può risultare chiara al lettore medio.
La posizione di Habermas, in sostanza, condanna l’approccio liberale alla manipolazione genetica in quanto comporterebbe la distruzione del principio di eguaglianza alla nascita, chiave di volta dei diritti dell’uomo nel mondo contemporaneo. Inoltre, conferirebbe un potere di decisione asimmetrico alla generazione dei genitori su quella dei figli, distruggendo il principio dell’autodeterminazione degli uomini.
L’obbiezione più immediata, che l’autore scarta con poche parole, è che il potere di condizionamento sui nuovi nati da parte dei genitori e della società è di per sé così enorme, che eguaglianza alla nascita e autodeterminazione dell’uomo sono forse principi ideali più che reali.
L’affermazione di Habermas, ad esempio, secondo cui: “Persino le fissazioni nevrotiche si lasciano sciogliere da un’elaborazione psicoanalitica delle intenzioni” appare oggi piuttosto ottimistica, e ormai scarsamente condivisa da neurologi e clinici.
Inoltre, l’approccio filosofico dell’autore rifiuta di prendere in considerazione come argomento il fatto che l’impiego delle cellule embrionali a vari scopi è un dato di fatto ormai in molti paesi del mondo.
Il contrasto drammatico tra il metodo e il linguaggio di questo libro e la chiarezza e il pragmatismo dei libri di scuola anglosassone lasciano pochi dubbi su come, nel bene e nel male, sia destinato ad evolversi il pensiero del futuro.
Come l’autore stesso con onestà osserva: “Mentre i filosofi tedeschi, facendo uso di un concetto di persona normativamente saturo e di un concetto di natura metafisicamente sostanzioso, discutono con un certo scetticismo se sia il caso di sviluppare ulteriormente la tecnica genetica (soprattutto per quanto riguarda la coltivazione di organi e la medicina riproduttiva), i colleghi americani si preoccupano invece di come si possa implementare uno sviluppo che in linea di principio non viene più messo in discussione”.
Non a caso, del resto, la normativa tedesca sulle cellule embrionali è al presente una delle più restrittive in occidente. Insieme, naturalmente, a quella italiana.
Marta Baiocchi
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