Non si vive di soli geni
Le idee della scienza, come tutte le grandi idee, hanno i loro detrattori. Scetticismo, sospetto e addirittura odio si sono manifestati nei modi più vari: da quelli più poetici, come il bellissimo “Frankenstein” di Mary Shelley, ai grandi colossal catastrofisti di Hollywood, ai tanti profeti casarecci dei cosiddetti “metodi naturali”.
In questo libro, c’è qualcosa di diverso: una critica ragionata ad alcuni concetti biologici, oggi largamente accettati dalla comunità scientifica, e profondamente diffusi nella cultura del vasto pubblico, che però mostrano ancora aree di incertezza e di incompletezza.
In particolare, secondo Lewontin, le attuali interpretazioni della teoria dell’evoluzione classica, e il ruolo preminente che la biologia contemporane assegna al DNA come direttore dei processi della vita, hanno tratti troppo estremisti, non sempre supportati dai fatti.
Nulla a che vedere, qui, sia chiaro, con creazionismo, disegno intelligente o altre fantasie. Professore di Zoologia all’università di Harvard, Lewontin non è uno sprovveduto.
“Nessuno scienziato dubita che gli organismi che vivono oggi sulla terra si siano evoluti nel corso di miliardi di anni da organismi che erano molto diversi da essi, e che quasi tutti i tipi di organismi si siano da molto tempo estinti. Inoltre, sappiamo che questo è un processo naturale risultante dalla sopravvivenza differenziale delle diverse forme. In questo senso, siamo tutti Darwinisti.”
La critica di Lewontin è del tutto interna alla scienza, ed è portata avanti con osservazioni fattuali, che mostrano come i fenomeni della vita derivano da una serie di fattori ben più ampi, del puro determinismo genetico.
Non è corretto, secondo Lewontin, dire che la selezione ambientale è il motore principale dell’evoluzione: gli esseri viventi modificano l’ambiente così potentemente, che parlare di selezione da parte dell’ambiente può non avere senso.
Il suo richiamo, è a una visione più complessa della natura: “I geni, nel rendere possibile lo sviluppo della coscienza umana, hanno rinunziato al loro potere di determinare sia l’individuo sia il suo ambiente. Essi sono stati sostituiti da un livello completamente nuovo di causa, quella dell’interazione sociale con le sue proprie leggi e la sua propria natura, che può essere compresa ed esplorata solo attraverso quella forma unica di esperienza che è l’azione sociale.”
Varie critiche possono essere rivolte all’analisi di Lewontin, la più importante delle quali è che, nella scienza, non è sufficiente suggerire approcci o principi nuovi: è indispensabile indicare i metodi e i mezzi tecnici per indagarli sperimentalmente. Se gli studi legati al DNA, come ad esempio il progetto genoma (che l’autore attacca duramente) la fanno da padroni nella ricerca contemporanea (e nell’assegnazione di fondi), non è forse per i pregiudizi ideologici dei ricercatori e dei finanziatori, ma perché sono, di fatto, le uniche, o almeno le più facili vie attualmente percorribili. Ben più difficile, spesso impossibile, escogitare studi per dissecare sperimentalmente i contributi ambientali, sociali e culturali all’evoluzione umana.
Nonostante questo, il libro rimane una lettura molto interessante, che indica in modo chiaro e comprensibile quali sono i reali limiti della scienza, al di là dei timori irrazionali e degli oscurantismi.
Marta Baiocchi
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Descrizione: |
Finalmente il libro di un biologo, anzi di uno dei maggiori studiosi mondiali di genetica, che in termini accessibili a tutti affronta il problema del senso generale della ricerca scientifica. Per Lewontin, la scienza è innanzi tutto una istituzione sociale, più precisamente quella che nell'età moderna ha sostituito la Chiesa come fonte di legittimazione del potere. Non si tratta soltanto dei colossali interessi coinvolti, per esempio, nel progetto di registrazione integrale del patrimonio genetico umano, cui Lewontin dedica pagine che non mancheranno di suscitare accese discussioni; ma anche e soprattutto dell'ideologia implicita nella scienza biologica, per cui, da Darwin a oggi, si è passati dal determinismo ambientale al riduzionismo genetico sulla base della medesima separazione tra individuo e ambiente, tra interno ed esterno. |