LA SCALATA SOCIALE AI TEMPI DELL’APARTHEID
Se giochi puoi perdere… se non giochi non vincerai mai
Siamo nel Sudafrica degli anni Trenta del secolo scorso, in terra dei Boeri, i luterani olandesi che colonizzarono il Transvaal. La guerra con gli inglesi è ormai un ricordo, ma il conflitto non si attenua, essendo ora gli afrikaaner impoveriti, schiacciati tra lo sviluppo industriale inglese e l’urbanizzazione dei negri proletari. La reazione porta a quella chiusura culturale e sociale che durerà quasi fino alla fine del secolo appena passato, isolamento che sarà scardinato dallo sviluppo stesso dell’economia e dalle forze progressiste. Il trionfo di Nelson Mandela sancirà negli anni ’90 la fine del sistema sociale e ideologico razzista noto come apartheid. Qui siamo agli albori, ma a farne le spese sono subito il padre del protagonista – un pio falegname boero sposato con una zulu sradicata – e il figlio meticcio, Sunny. Quest’ultimo, assistito dal sindaco, riesce ad entrare in una scuola per bianchi, l’unica della zona: sarà quella la base per la sua movimentata e spregiudicata scalata sociale. Il tono del libro è avventuroso e il protagonista sembra uscito da un romanzo di Walter Scott, di cui Sunny è in effetti un accanito lettore: la sua è una vita di frontiera, piena di stimoli, ma dove la metà delle proprie energie è utilizzata per farsi accettare dagli altri. Egli è infatti ambizioso, ma anche intelligente ed ottimo osservatore: le sfumature negli atteggiamenti portano sempre l’impronta del potere e lui presto si adatta a convivere con gli inglesi snob. Ma è pur sempre più tollerato che accettato, anche se è preso a benvolere da qualche insegnante e soprattutto dalla signorina Lindsay, che gli dà una parte nella recita scolastica e se lo porta anche a letto. Con la vittoria in parlamento dei bianchi razzisti (1948), Sunny viene trasferito in una scuola per neri e meticci, scadente a dir poco. Quando ne viene cacciato dopo un’accusa di cospirazione, si trasferisce a Johannesburg con Jennie, una misteriosa ragazza conosciuta nella prima scuola. Figlia di un meticcio povero, Jennie era riuscita per un certo tempo ad ingannare il preside e tutti gli altri sulle sue vere origini; in realtà è una ragazza madre; è figlia di un alcolista e per campare si vende ai bianchi ricchi. Attrice naturale, diventa dunque compagna di avventura di quest’altro ambizioso attore sociale. Una volta arrivati a Johannesburg, il romanzo cambia tono: dimentichiamo i vividi, rustici boeri e gli stupendi panorami del Transvaal per affrontare la dura metropoli. In città i due nostri eroi trovano però la persona giusta proprio nella signorina Lindsay, ormai ricca vedova e impresaria teatrale, che decide di prepararli alla recita della vita: dovranno imparare a perfezione a muoversi nel bel mondo inglese coloniale, che a Johannesburg è schiacciato tra il nazionalismo afrikaaner e la massa dei neri inurbati, e si rifugia quindi nei propri esclusivi club, rispettabili quanto corrotti. Uno di questi – il Crown – sarà l’esordio di Sunny e di Jennie come impostori sociali, attori e registi di se stessi. La signorina Lindsay muore suicida sulla scena, per sfuggire a una letale tara ereditaria, ma ha la soddisfazione di aver formato due cinici attori professionisti: lui infatti diventa il protettore di Jennie, ormai prostituta d’alto bordo nei circoli che contano e dove entrambi sono stati introdotti con un duro esercizio nello stile di My fair Lady. I due fanno un patto: per due anni saranno soci di affari. Ma la tensione aumenta al pari dell’ambizione: ampliare il giro dei club esclusivi e quindi dei ricchi clienti impone regole ferree, molto tatto e un sistema nervoso stabile. Come Barry Lyndon, il nostro eroe è un avventuriero che sa benissimo quanto precario sia il mondo che si è costruito. Insieme a Jenny diventerà uno spietato sfruttatore di prostitute: per lui è l’unico modo di diventare appunto un burattinaio. Ma il destino può essere sempre in agguato… Non sveleremo il finale mozzafiato, ultimo dei colpi di scena di cui questo romanzo è prodigo. Ci limitiamo a dire che l’insieme sembra a tutti gli effetti – pur aggiornato ai tempi recenti e ambientato in Sudafrica – un romanzo inglese del Settecento: c’è in fondo un eroe che viene dal basso e vuole arrivare in alto. Ma in una società classista e razzista si può solo recitare una parte e diventare cinici. Ma pur sempre insicuri.
I burattinai è un’opera prima, da non sottovalutare. Sicuramente i ruvidi boeri risaltano meglio dei ricchi inglesi, la cui descrizione sembra più stereotipata, ma ambienti e personaggi - alcuni forse da sviluppare - restano impressi visivamente, come i panorami del Transvaal, il che suggerisce anche una futura trasposizione cinematografica. L’edizione italiana è tra l’altro arricchita di doverose note storiche, che aiutano il lettore nostrano ad orientarsi in quello che per molti versi è un romanzo storico.
Per un’occhiata alla letteratura sudafricana contemporanea, fenomeno tutt’altro che omogeneo, visto che esprime tradizioni e lingue di comunità diverse (inglese, afrikaaner, africana, afroindiana):
http://www.clarkesbooks.co.za/bestsellers.asp?y=2007&m=1
http://www.newafricabooks.co.za/books_cat_fic_poet.asp?offset=-1
Marco Pasquali
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