IN FUGA DAI FANTASMI
Chiara Scarfo’ e la sua cucina: metafisica? Surreale? Da incubo o da reminiscenza nostalgica? Nelle salette della galleria “Ingresso pericoloso” percorriamo un breve labirinto (anche sonoro, di Irene Pacini) in cui il Tavolo (“Table”) monumentale e inquietante di una antica cucina è ridotto allo scheletro di quattro gambe e un cordone di molle estensibili, il tutto condito da tramestìi e vociare familiari. Nel video “Moan” l’artista si espone all’angoscioso delirio di un primo piano semisoffocato dall’acqua, continuando con l’altra installazione (“Cucina”) a ricucire elementi di una ribellione al quotidiano rivissuta e rievocata tra i fantasmi di credenze e fornelli. Qui la ex—bambina, protagonista di una favola oppressiva da esorcizzare grida ancora la sua rivolta infantile al cibo—punizione col sonoro “E io non mangio. E mi spoglio nuda!”. E nuda si espone l’artista nell’altro video con la sequenza delle sue paure e dei suoi rifiuti (nascondendosi, appunto come fanno i bambini, sotto il tavolo che è prigione e fortino, rannicchiandosi negli angoli oscuri) cercando di sfuggire alle necessità di una famiglia vista come una specie di spoglio lager—prigione. E come in un lager la fuga sognata, preparata, realizzata, nel perimetro desolato e scarno di uno spazio che non ha più nulla del tepore di affettuoso ricordo, è raccontata per istantanee—flash che sono laconici appunti del diario di una piccola prigioniera che qui, oggi,testimonia il suo piccolo quotidiano incubo, la normale “routine” in cui spesso si mortificano e impoveriscono i nostri più bei sogni, le fantasie che coltivammo in segreto, tra i giganti grigi e malinconici di una cucina—laboratorio di oscure magie da cui fuggimmo finalmente un giorno. Ma il prezzo ancora da pagare è il ricordo—prigione, il fantasma che ci soffoca e ci chiama. Ogni luce ridiventa penombra e rimorso: Amleto deve sempre liberarsi dallo spettro del padre.
Luigi M. Bruno
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