BARARE AL GIOCO
Lo confesso: quando ho preso questo libro dalla biblioteca, incuriosita dal titolo, non sapevo di aver portato a casa quella che è universalmente considerata la bibbia dell’intelligent design. Quando, leggendo meglio i risvolti di copertina, ho capito cosa avevo tra le mani, però, ho accolto con piacere la possibilità di andare alla fonte, e di saperne di più su un punto di vista di cui si dibatte così strenuamente negli ultimi anni. La scrittura di Behe è accattivante, narrativamente coinvolgente: gli esempi che porta, tratti dalla vita di tutti i giorni, come il triciclo in scatola del figlio più piccolo, che Babbo Natale ha dimenticato di montare, e le cui istruzioni si rivelano quasi impossibili da seguire, si stampano nell’immaginazione del lettore. Uno dei segreti del successo del libro è sicuramente questo.
Il secondo segreto, è il fatto che l’autore sia un biochimico in un’università americana: la sua voce appare dunque accreditata, perché proviene dall’interno del mondo della scienza.
Il suo discorso si snoda in modo seducente e apparentemente disteso: a suo avviso, l’origine di molti fenomeni naturali, non può essere spiegata da una concatenazione di processi casuali. In particolare, Behe descrive a lungo l’elevato grado di sofisticazione dei macchinari molecolari, composti di una serie di proteine diverse che operano insieme in modo incredibilmente coordinato, E come possono dei macchinari così complessi essersi originati casualmente e progressivamente, quando la rimozione di uno solo dei componenti ne rende impossibile il funzionamento? Come se la natura avesse inventato un sellino da bicicletta, molto prima che le venisse in mente l’idea stessa di una bicicletta, quando il sellino, dunque, non aveva ancora nessun impiego ipotizzabile.
Le conoscenze attuali sui geni, indicano che le cose in verità non stanno come Behe le racconta: seppure i componenti dei motori molecolari delle cellule (ad esempio dei flagelli che le fanno muovere) non hanno una funzione una volta “smontati” chimicamente, o separati, per molti di essi si possono rintracciare geni chiaramente apparentati, che hanno funzioni proprie e autonome, nella stessa o in altri tipi di cellule.
L’obiezione principale al tipo di approccio del libro, tuttavia, è molto a monte di quello che può essere successo durante i vari passaggi evolutivi.
Il punto è che il procedimento conoscitivo della scienza nasce da ipotesi, ma dalle ipotesi si muove attraverso il confronto con una serie di fatti sperimentalmente osservabili. Qualunque ipotesi sia impossibile per costituzione da verificare sperimentalmente esce dall’ambito della scienza, e rimane in quello della pura speculazione, almeno finché non venga escogitato un nuovo modo o una nuova tecnica per verificarla. La teoria che un’intelligenza abbia operato e operi nel percorso evolutivo non solo non può in alcun modo essere sottoposta a verifica, ma non potrà esserlo neanche nel futuro, per definizione, perché invoca una causa metafisica: è questo ch la rende una teoria non-scientifica.
È per questo che il libro di Behe, nonostante sia scritto da un ricercatore, rimane un gioco di fantasia tanto quanto certi libri di fantasy. Con una differenza importante: gli autori di fantasy stringono un patto onesto col lettore: quello di narrare come fossero vere storie che scaturiscono dalla loro creatività.
Behe, invece, in modo non altrettanto onesto, pone le sue speculazioni sotto l’ombrello della sua presunta credibilità professionale, e sostiene che la sua ipotesi sia da inserire a pieno titolo tra le ipotesi scientifiche.
Così non è.
Marta Baiocchi
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Nel 1996, La scatola nera di Darwin aiutò a lanciare il movimento dell'Intelligent Design: la teoria secondo cui la natura esibisce prove di una progettualità che va al di là della casualità darwiniana. Ne scaturì un dibattito sull'evoluzione a livello nazionale, che continua ad intensificarsi. Tanto per i sostenitori della teoria, quanto per i suoi detrattori, La scatola nera di Darwin rappresenta il testo fondamentale dell'Intelligent Design, quello che illustra al meglio il ragionamento che deve essere affrontato per poter determinare se l'evoluzione darwiniana sia sufficiente a spiegare la vita come la conosciamo. |