voce 'e notte

Mentre in libreria arriva il recente "io sono Dio" si fanno sempre più insistenti le voci di una trasposizione ciematografica del fortunatissimo esordio alla scrittura di Giorgio Faletti: "Io uccido". Smessi i panni scanzonati, Faletti indossa con una naturalezza impressionante il cappello di scrittore, dimostrandosi artista poliedrico e sfodera una sensibilità narrativa non comune e di impronta più americana che europea. Sono infatti abbastanza evidenti i riferimenti al serial killer del Silenzio degli innocenti, allo scandalo familiare di Chinatown miscelati con uno stile narrativo affine a quello di Stephen King.

Due caratteristiche su tutte fanno la fortuna di questo romanzo: la voce senza volto che annuncia i delitti attraverso una trasmissione radiofonica notturna e la prospettiva narrativa per cui il lettore si trova a percorrere i passi dell'assassino calzandone le scarpe e guardando attraverso i suoi occhi. Ed è molto visivo "io uccido", tutto è illuminato dall'accuratezza descrittiva dell'autore che sembra scattare istantanee i movimento del delitto. Bella anche la vena - molto milanese - di poesia, fatta di solitudini metropolitane e angoscie soffocate nel tran tran quotidiano. Si evince dalla lettura come Faletti partecipi e ami i suoi personaggi che muove con destrezza sulla scacchiera del destino che fatalmente li porta ad incontrarsi, ogniuno ortando con sè una piccola storia. A volergli trovare un difetto si può criticare lo stile un po' prolisso con cui Faletti "vede" le scene, ma è appunto il suo stile ed è anche giusto che ne difenda l'originalità e le scelte.

Claudia Patruno

Io uccido