nemesi
C'è lo spettro della guerra più temuta e mai abbastanza esorcizzata dall'America, il Vietnam, nella parte della vera protagonista del nuovo romanzo di Giorgio Faletti. Come recita la quarta di copertina "Le guerre finiscono, l’odio dura per sempre". E in queste pagine c'è il rancore, alimentato dalla sofferenza, che diventa furia distruttiva e per il quale non ha neppure più senso il ruolo della vittima, ammesso che ne abbia mai uno. Corale e drammatico, Io sono Dio rielabora la scelta della soggettiva del killer, già collaudata nell'esordio Io uccido, ma se nel primo il lettore era spettatore del punto di vista della pazzia in quest'ultima opera Faletti sceglie l aprima linea e toglie il filtro di protezione fra il lettore e il personaggio. Dio è come si proclama il dinamitardo che assedia una New York scrupolosamente raccontata dall'autore che ha fatto delle sue capacità descrittive la sua cifra stilistica. E come un dio impenetrabile ed estraneo agisce il killer che decide la sorte dei suoi stessi simili senza un'emozione, senza rivendicare le sue azioni, ma con la folle giustificazione di saldare un vecchio credito. Come se i crediti che la vita e il destino apre fossero in mano ad un singolo uomo. Siamo tutti sotto il cielo sembra voler ricordare l'autore che nel senso del destino che mescola vite apparentemente distanti affida il filo d'Arianna per uscire dal labirinto della pazzia. Così ogni personaggio porta con sè quel tassello che da solo è insignificante, ma riunito al contributo del coro crea il quadro completo e illumina un passato ingoiato dall'oblio dei "guai a i vinti". Perfettamente indovinata la sequenza di indizi ai quali si allacciano i flashback iniziali, su tutti la la foto del gatto Valzer, trait d'union fra presente e passato. Ottimo il ritmo del romanzo, che appassiona, mantiene sempre alta la tensione nella narrazione e corre verso la soluzione che arriva dura e quasi come una beffa. Perchè una volta completato il puzzle la verità grida quello che era ovvio e noi siamo stati tutti ingannati dal gioco di prestigio, perfettamente riuscito, dell'autore.
Claudia Patruno
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