Mediterranea

L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE TORNA ALLA NATURA

Sul numero di agosto la rivista “New Scientist” descrive uno sconvolgente nuovo tipo di mini-robot. Ha l’aspetto di un’automobilina giocattolo, e cammina avanti e indietro per una stanza mostrando una certa capacità di evitare gli ostacoli: nulla di particolarmente stupefacente, all’apparenza.
Quello che lo rende unico è il fatto che il suo movimento non è comandato da un chip, ma da una rete di neuroni vivi.
Al suo interno infatti è contenuto una minuscolo recipiente nel quale neuroni prelevati e isolati dal cervello di ratto vengono fatti crescere in un brodo di cultura in presenza di nutrienti e antibiotici. Dopo qualche giorno, i neuroni in coltura emettono protrusioni con le quali entrano in contatto tra loro, formando spontaneamente una rete tramite la quale si scambiano impulsi elettrici a bassissima intensità. Questo del resto è esattamente quello che accade durante lo sviluppo del cervello degli animali.
Immersi in questa specie di minestra di cellule, ci sono gli elettrodi collegati al meccanismo di movimento del robot e alle sue ruote. In questo modo, i neuroni fanno da interruttore: il robot si muove casualmente a seconda dell’oscillare delle scariche elettriche spontanee delle cellule.
Il passo successivo, è di dare un’organizzazione a questi impulsi elettrici. Collegando la rete di neuroni a dei sensori elettronici, per esempio di luce o di suono, si cerca di generare un impulso elettrico sincrono, di massa, nel gruppo di neuroni nel recipiente.
Così, quando il sensore segnala un ostacolo, si vorrebbe che la rete di neuroni desse un segnale forte e unico al motore, inducendolo a fermarsi o a girare da una parte.
A quanto sembra, il tentativo ha avuto un certo successo: almeno due gruppi indipendenti di ricercatori riportano di aver ottenuto robot capaci di evitare gli ostacoli più dell’80% delle volte.
In questo filmato si può vedere uno di questi robot, e l’immagine al microscopio delle cellule neuronali connesse con gli elettrodi.
Questi studi, spiegano i ricercatori, non solo ci aiutano a capire i meccanismi con i quali i neuroni si organizzano tra loro all’interno delle diverse aree del cervello degli animali e dell’uomo, ma potranno aiutarci ad trovare il modo di ripristinare l’attività delle zone danneggiate in alcune malattie cerebrali, come l’Alzheimer.

Marta Baiocchi


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