|  SUSANne KESSLER “SINAPSI”
 Di Susanne Kessler ricordo (ne parlammo insieme parecchi anni fa sul n. 3 di Ecotipo del 1993) le gigantesche ruote istoriate di astrusi geroglifici come l’enigma di una storia perduta, ricordo sopratutto l’amoroso ricomporre in libri cifrati di bitume la ruggine fossile di memorie intraducibili.
Oggi la Kessler con “Sinapsi”, come nel ventre di una grotta primigenia, dispone una scenografia avvolgente di spirali, tracce in inesausto proliferare che investono le pareti della piccola galleria come germogli vitali trasformandone l’inerte materia in dinamiche, elettriche vibrazioni.
“Sinapsi” appunto, come le fulminee, miracolose connessioni tra le fondamentali cellule del pensiero, i neuroni, il nido e il senso della coscienza.
Il mistero dell’intelligenza, scintilla di un Dio, scaturisce come da un umido, indistinto caos, che nell’accendersi e irraggiare trova ragione del suo esistere: luce dal buio, movimento dall’inerzia; così la microscopica galassia del pensiero si determina e contagia il mondo della sua meravigliosa malattia: esistere!
Ma sopratutto capire, e la coscienza fa di noi delle  piccole divinità che vivono l’immortalità del momento, l’attimo che s’accende nell’oscurità: intuizione ineffabile del mondo, dono prometeico che l’uomo coltiva nel segreto del suo giardino.
Come una gigantesca cellula, nell’ingresso è disposta una ramificata struttura in fil di ferro che getta le sue propaggini vitali all’intorno come cercando ormeggi, echi necessari del suo irresistibile divenire. L’artista poi lascia altre tracce preziose nel suo diario cartaceo e nei lavori della sua cartella, dove sotto il trasparire plastico degli acetati sovrappone e stratifica alterni segni di un codice in apparenza caotico, indizi di un tracciato tutto da decifrare.
Luigi M. Bruno |
