IL MERCOLEDÌ SECONDO GEVA
E’ la difficile ed irrisolta questione dell’emigrazione meridionale, il tema sul quale si è riflettuto e discusso al primo “Mercoledì secondo Geva”, appuntamento che la Geva Edizioni propone al suo pubblico ogni secondo mercoledì del mese presso la Libreria Bibli di Trastevere. Fino al prossimo giugno 2009, la Geva ha previsto una serie di incontri durante i quali verranno approfonditi argomenti prendendo spunto da quelli affrontati in alcuni dei libri da essa pubblicati.
L’emigrazione, nelle sue mille sfaccettature e nei suoi tanti chiaro-scuro, è stato il nodo centrale del dibattito svoltosi lo scorso 08 ottobre, a partire dalla pagine del testo “Perché Fuggire dalla Calabria” di Nicola G. Grillo ed Alessandra Tucci. Privo di falsi buonismi ed inutili esitazioni, duro, crudo, a tratti tenero nelle rievocazioni infantili ma mai indugiante in vili e svilenti moralismi, il libro narra la vita di Domenico e di tutti i calabresi che come lui sono costretti ad abbandonare la propria terra per non farsi schiacciare dalle sue feroci leggi non scritte ma codificate negli animi e per questo non inestirpabili. I due autori, con la moderazione del Presidente dell’Associazione Calabresi nel mondo, Gennaro Maria Amoruso, hanno ripercorso le motivazioni, simili seppur apparentemente differenti, che li hanno spinti a scrivere insieme della Calabria, dell’abbandono forzato e per questo sofferto della propria terra natia.
Un testo appassionato ma anche arrabbiato. E la rabbia è di chi si è visto costretto ad emigrare perché non gradito ad una terra che, suo malgrado e malgrado tutto, non riesce a smettere di amare. La Calabria e le sue contraddizioni. Le stesse che purtroppo affliggono dall’unità d’Italia, come si è premurato di spiegare Amoruso, responsabili spesso dell’arrestarsi di qualsiasi progresso. Una storia del Sud, che ha come scenografia quelle strade, quei campi di terra ed una chiesa del paesino immaginario di Fugato in Calabria che a chiudere gli occhi non resta difficile trasportare in un’altra terra non troppo lontana, che sia quella calda della Sicilia, o quella brulla della Sardegna o, ancora, quella secca della Puglia. Una storia del Sud, la storia di una società malata, devastata e spesso sconfitta, di un cancro mai estirpato nonostante gli innumerevoli tentativi di cambiamento ed innovazione di alcuni dei suoi figli migliori. Quei professionisti, quei laureati, che oggi come ieri, si trovano di fronte all’unica soluzione praticabile per sfuggire a quella realtà che sembra essersi fermata a cent’anni fa: partire. Mettere nella valigia i propri desideri e la propria ambizione per trasferirli altrove, in un altrove dove non sia permesso raggiungere obiettivi con le proprie forze senza dover chiedere autorizzazioni a chicchessia. Partire, dunque e far finta di dimenticare, tenendosi in gola quel groppo che sale su ogni volta che si torna a casa.
Così fa il protagonista del libro, Domenico. Si scontra con una realtà e con delle regole alle quali la sua onestà gli impone di non piegarsi, ed allora viene costretto ad emigrare perché “non Funzionale” a certi interessi. Roma la sua nuova destinazione, aperta ed ospitale. Ma come ogni emigrante, porta nel cuore la terra abbandonata e sogna un giorno di tornare.
Al centro del dibattito riflessioni amare sulla reale difficoltà di combattere una realtà così radicata, aneddoti più leggeri e possibili proposte di soluzione. Toni duri ed impegnati si sono alternati a toni più lievi e alla lettura di alcuni brani del testo dall’attore Francesco Troiani che ha saputo riportare l’emozione della parola scritta con estrema semplicità ed intensità.
Interessante, stimolante ed intenso questo primo mercoledì della Geva Edizioni. Un mercoledì immersi in una realtà che chi non l’ha vissuta forse non potrà mai comprendere fino in fondo; una realtà che seppur difficile continua a generare nostalgia per chi vi è nato e mal volentieri ha dovuto lasciare.
Giulia Zichella
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Privo di falsi buonismi ed inutili esitazioni, duro, crudo, a tratti tenero nelle rievocazioni infantili ma mai indugiante in vili e svilenti moralismi, il libro narra la vita di Domenico e di tutti i Calabresi che come lui sono costretti ad abbandonare la propria terra per non farsi schiacciare dalle sue feroci leggi non scritte, ma codificate negli animi e per questo inestirpabili. Una società malata, invasa e devastata in ogni angolo da un’erba maligna subdola e spietata che aggredisce e distrugge ogni germoglio di civiltà e civilizzazione piegando tentativi ed istinti di cambiamento ed innovazione al fine unico e supremo dell’arrecar profitto a se stessa ed ai propri affiliati. |