GLI ANNI GIOVANILI DI EMILIO VEDOVA |
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L’interessantissimo saggio di Alessandro Masi non solo fa luce sulla genesi del lavoro di Emilio Vedova, ma ha soprattutto il pregio di metterlo in relazione con i movimenti artistico-culturali coevi. Il lettore ha così la possibilità di adire ad un quadro di riferimento ampio che gli consente di entrare nel vivo delle scelte dell’artista. Masi ha altresì attinto ai diari di Vedova così che il “racconto” si articola su tre livelli: quello della riflessione dell’artista sul proprio vissuto, quello dell’ambiente e quello dell’opera che, tutto racchiudendo, si fa testimone viva e dialettica. Il lavoro di Masi risulta essere quindi anche una proposta di approccio critico estremamente valido, lontano sia dai voli pindarici di certa critica contemporanea sia dalla mera sequenza degli eventi. Masi investiga sull’ambiente artistico, da “Valori Plastici” (1918-22) al gruppo “Novecento” (1922 ed oltre), descrive l’ambiente familiare e la Venezia di Vedova (nato il 9/8/1919) ed individua i suoi amori “artistici” giovanili, da Daumier a Goya. Ecco gli anni Trenta, con i primi lavori: gli inchiostri con le “architetture” delle chiese. Segue il viaggio a Roma nel 1937 con la realizzazione di alcuni dipinti romani e l’incontro con la scuola di Via Cavour. Interessante è l’analisi accurata di tre opere del 1937: l’ “Autoritratto” (che compare sulla copertina del libro), la “Figura dormiente” e la “Crocifissione da dietro”, che così si conclude: «… Convivono in queste prime prove, in queste tentazioni di debordamento ottico, ipotesi di liberazione da vincoli classici dell’immaginazione prospettica.» Nei lavori successivi, tra cui il ciclo “Figure desolazioni”, si nota una oscillazione in senso espressionista che culminerà invece in opere con suggestioni cubiste. Interessante è l’esame degli anni Quaranta, dalla mostra alla Galleria della Spiga di Milano (1943) alla formazione del “Fronte Nuovo delle Arti” (1946) in cui troviamo, insieme a Vedova, Guttuso, Treccani, Turcato ed altri. Questi artisti sono tra loro legati dall’impegno civile e dall’urgenza di operare un rinnovamento profondo delle arti, e non sono ancora viziati dalla dicotomia astratto-figurativo. E verso l’“astratto” va Vedova, in un percorso di cui rimangono la serie dei collages e gli “spazio-tagliola”. Qui finisce il racconto di Masi e c’è da sperare nel proseguo. Importanti, nell’economia generale del libro, sono la ricca bibliografia, l’apparato iconografico (sempre troppo esiguo per i miei gusti!) e l’appendice, a cura di Valentina Spata, che ha selezionato, tra gli scritti di Vedova, quelli più illuminanti in riferimento alle scelte artistiche.
Stefania Severi
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