NESSUN BOICOTTAGGIO SERVE AL DIALOGO |
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Boicottare la presenza culturale di uno stato ad un evento come la Fiera del Libro di Torino non è utile, tanto più se la nazione è Israele e chi si oppone a tale presenza è un settore islamico.
Non sarà un’occasione mancata d’incontro, ma solo rinviata, se l’intransigenza prevarrà sulla ragione, all’edizione del 2009, se si concretizzerà la volontà degli organizzatori della Fiera ad avere come ospite d’onore l’Egitto ed invitare i rappresentati della cultura palestinese.
Tra persone solitamente avvezze ad osservare e ascoltare, per trarre riflessioni in scrittura, sia di parole che d’immagini, appare strano il non volere intervenire per conoscere e soddisfare le proprie curiosità verso l’altro.
Come possono essere coinvolti gli scrittori Abraham Yehoshua, David Grossman e Amos Oz con la leadership politica. La cultura israeliana è anche di giornalisti e scrittori arabo-israeliani che usa l’ebraico sulla carta e l’arabo per la quotidianità.
Precedentemente sono stati ospiti a Torino autori arabi (Mahamoud Darwish, Murid al Barghuti, Ibrahim Al-Koni, Bensalem Himmish, Adonis, Tahar Ben Jelloun, Khaled Fouad Allam) e nessuno ha gridato che erano terroristi. Sarebbe stato da veri stolti accomunare tutti e tutto.
È una polemica che non aiuta la crescita di uno stato palestinese. La scelta di Israele, secondo i sostenitori del boicottaggio, è prettamente politica e la rende, la sua concomitanza con il 60° anniversario della fondazione dello Stato ebraico, un affronto ai numerosi palestinesi costretti a vivere all’estero e per quelli che affrontano quotidianamente la scarsità dei generi alimentari e dei disagi di una vita quotidiana. Ma anche gli israeliani vivono dei disagi, specialmente gli abitanti di Sderot a causa dei razzi provenienti da Gaza.
Potrebbe essere estremamente fruttuoso ed economicamente vantaggioso, senza contare la salvaguardia delle vite d’innocenti, se lo scontro tra le forze israeliane e quelle palestinesi si limitasse ad un ambito culturale, ed evitare così il quotidiano scambio missilistico.
Se l’islam apre un dialogo con il cristianesimo, con la lettera dei 138 saggi al Papa, può anche evitare scontri inutilmente ideologici con quella parte d’Israele non appiattita sulle posizioni dei politici.
La voce degli scrittori israeliani è spesso critica verso le scelte governative e per qualcuno il 1948 è la nascita di uno stato, mentre per numerosi altri è l’inizio dell’esilio, la nabka (la cacciata dei palestinesi dalle loro terra dopo la nascita d’Israele), la responsabilità non è solo da una parte, ma anche dei cattivi consiglieri.
Gianleonardo Latini |