IL TESTACCIO MODERNO: Le arti del Mattatoio
Il Testaccio non è solo archeologia e glorie del passato o artigianato e commercio, ma è anche un contributo artistico che dal Novecento giunge sino ai nostri giorni, inserendosi anche in ambiti di archeologia industriale come il complesso dell’ex Mattatoio.
È nota l’incisiva presenza di Publio Morbiducci (1889 – 1963), in questo rione stretto tra il Tevere e l’Aventino, noto per aver realizzato, con l’architetto Mancini, l’imponente statua dedicata al Bersagliere, commissionato da Benito Mussolini nel 1932, e d’allora collocata fuori di Porta Pia in perenne ricordo di un 1870 che vide Roma capitale. L’attività di Morbiducci non si limitò alla scultura, praticò la pittura, anche se per una breve stagione, e il disegno con la xilografia per tutta la vita.
Si dedicò a ciò che ora si chiama arredo urbano, ma in quegli anni era “solo” decorazione architettonica, realizzando, tra l’altro, la fontana del Viminale e i Dioscuri del Palazzo della Civiltà e del Lavoro all’EUR.
Oggi lo studio Morbiducci è rimasto pressoché immutato, in via Giovanni Battista Bodoni 83, con attrezzi e statue, e sporadicamente spalanca le porte per delle interessanti proposte espositive, oltre che far incontrare l'arte con la musica, accostando sguardo e ascolto.
A distanza di anni altri artisti hanno seguito l’esempio di Morbiducci, trovando nel Rione spazi per il loro atelier di pittori, scultori e scenografi. Una feconda comunità che trova in Guido Strazza, già direttore dell'Accademia di Belle Arti di Roma, il suo decano. Negli spazi del Testaccio hanno lavorato artisti e alcuni si sono trasferiti con i cambiamenti immobiliari della zona, alcuni degli artisti che hanno seguito Strazza sono stati Aller Bruno, Luciano Damiani, Enrico Luzzi, Claudio De Polis, Roberto Pace, Fabio Masotti, Umberto Ippoliti, Giuseppe Galeotti e Riccardo Fiori.
Alcuni sfrattati, come nel caso di Umberto Ippoliti e delle sue grandi stesure pittoriche – un anno è passato da quando aprì per una sera l’atelier, per mostrare il suo lavoro antropologico-culturale sull’inconscio collettivo, come un addio a quel luogo – altri hanno preferito andarsene.
Il Testaccio è anche un luogo-cerniera tra la realtà dell’Ostiense, con la riqualificazione dell’aree degli ex Mercati Generali, e Porta Portese, con il recupero dell’ex autoparco dei vigili dato all’associazione RialtOccupato, sino a Trastevere e come tale è centrale nel progetto di riutilizzo di edifici in disuso a fini culturali, oltre a finalità commerciali.
Un territorio ricco di archeologia industriale in riutilizzo, tra musei e spazi commerciali, tra teatri e abitazioni, una trasformazione iniziata alla fine degli anni ’80, dove il complesso del Mattatoio del Testaccio occupa una posizione privilegiata.
Realizzato alla fine dell’Ottocento, su progetto di Gioacchino Ersoch, il Mattatoio di Roma termina la sua funzione nel 1975 e alla fine degli anni ’80, sotto la tutela delle Soprintendenze, inizia il recupero dell’Ex Borsa del Campo Boario. Un esteso edificio che si affaccia esternamente verso il Tevere ed internamente su di un ampio cortile, attrezzato per essere uno spazio espositivo, accogliendo le prime edizioni di “12-35” (dodici artisti al di sotto dei trentacinque anni), oltre ad essere attrezzato come magazzino e laboratorio di restauro per i materiali archeologici provenienti in gran parte dal Monte dei Cocci. Alcuni locali dell’Ex Borsa vennero usati anche come laboratorio teatrale, Carmelo Bene vi preparò un suo spettacolo, ma con l’occupazione dello spazio in centro sociale l’attività artistica implose, rivolgendosi preferenzialmente a giovani, anche se il luogo fu denominato Villaggio Globale.
L’arte al Mattatoio ritornò alla fine degli anni ’90 ricompare con Riciclart (Arte e Riciclaggio), alla quale segue l’impegnativa manifestazione “Arte a Roma”, allestita in uno dei capannoni non ancora ristrutturati, in una sorta di ricco mercato del colore e delle forme dove giovani e affermati artisti hanno esposto l’uno affianco dell’altro. Nonostante la moltitudine delle presenze, furono molti gli artisti operanti a Roma esclusi dalla selezione e fu anche, nonostante le buone premesse per successive edizioni, l’ultima occasione di constatare la ricca e valida presenza di artisti italiani.
Altre piccole e grandi iniziative si sono alternate nell’area del Mattatoio, sino all’ultima delle quali di grande respiro, prima della entrata in scena di Macro, è stata la Biennale dei Giovani Artisti dell’Europa e del Mediterraneo.
Contemporaneamente, negli spazi del Villaggio Globale, si sono susseguite delle proposte sull’arte contemporanea, tra le quali “Ipotesi di Realtà”, sino all’intervento dei writer, in occasione dell'inaugurazione della Città dell'altra economia. Un luogo in piena attività, con i suoi negozi alimentari e realizzazioni con materiali poveri, è possibile acquistare a 100/200 Euro pc recuperati e forniti di software liberi come Lynux. Un ristorante, un bar-tearoom, una sala per convegni e presentazioni, uffici per informare sull’energie alternative e la reale possibilità di utilizzarle nel nostro quotidiano, per l’altro turismo e per la comunicazione in web e non solo. Ambiziosamente la struttura sarà energeticamente autonoma con l’ampliamento dell’impianto fotovoltaico, attualmente copre il 60% del fabbisogno, per rendere visibile un altro modello di vita, un’isola tra gli spazi destinati all’insegnamento delle discipline artistiche, Accademia di Belle Arti e Università Roma Tre, e MacroFuture con i suoi due capannoni ristrutturati, il primo nucleo della costituenda Città delle Arti. Un progetto che coinvolgerà gran parte dell’ex Mattatoio, ma precedentemente destinato ad ospitare la «città della scienza», in una sorta di continuità dell’arte tra lo studio-laboratorio e l’esposizione-mercato.
Per ora le iniziative di MacroFuture evidenziano una certa riluttanza verso la realtà artistica italiana e romana in particolare, ma è ottimistico ritenere, con la presenza di altre realtà culturali, in un’apertura degli spazi alla presenza creativa autoctona e ridimensionare l’apocalittico indirizzo della direzione.
Un complesso capace di proporre un’offerta molto vasta, differenziata, formativa, produttiva e di fruibilità, ma strategicamente unitaria, che accoglierà anche storiche presenze nell’area testaccina come la Scuola Popolare di Musica, istituita negli anni ’70, e quelle più recenti come Zoneattive, del Gruppo Palaexpo, al quale viene affidato il Centro di Produzioni Culturali.
Completa la presenza alcuni laboratori di restauro le Soprintendenze al Beni Culturali (sia quella di Stato, sia quella Comunale), il Villaggio Globale, nonché altre associazioni culturali coinvolte anche nella Città dell’Altra Economia, con il mercato equosolidale, le proposte biologiche e un progresso ecocompatibile, oltre ad un laboratorio per il risparmio energetico affidato all’Acea.
A fianco agli spazi ufficializzati della cultura trovano posto anche quelli meno pubblicizzati, ma altrettanto impegnati a mostrare i diversi volti dell’arte.
Di fronte al Macro comunale, nel 2005, si pone a sfida, come di Davide contro Golia, lo spazio culturalespositivo Micro (Movimento Internazionale Culturale Roma), nato dalla volontà di Salvatore Carbone, impegnato non solo a far conoscere il Futurismo siciliano, ma anche mettendo a disposizione le tre suggestive sale inglobate nel Monte di Testaccio, per organizzare eventi espositivi, con Serena Dell’Aira, incontri poetici, grazie ad Augusto Pantoni e Agostino Raff, oltre che proposte teatrali, di danza e video. Un luogo per instaurare una fruttuosa dialettica tra le varie discipline e tra gli artisti.
Dieci anni prima era l'associazione Articolo Nove, ispirata all'articolo 9 della Costituzione: "La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione." Attiva anche con lo spazio Il Pane e le Rose.
Al Testaccio, come in altri luoghi di Roma, sono presenti numerosi locali, alcuni dei quali hanno trovato interessante coniugare l’intrattenimento musicale alla proposta visuale. Una di queste prime realtà è stato il Caffè Latino che già negli anni ’80 offriva l’opportunità di porre l’attenzione sul quotidiano nell’arte, mentre si passano alcune ore di svago.
Gianleonardo Latini
|