UNA STORIA CRUDELE
Cinico, dissacrante, spietato e amaro come il fiele questo spaccato di famiglia americana specchio dei tempi dove il crollo dei valori porta a conseguenze di estrema drammaticità. Sidney Lumet è il regista di “Onora il padre e la madre” titolo sarcastico per uno psicodramma che fotografa la società statunitense di oggi, un agghiacciante ritratto di un America allo sbando. Il racconto, teso e sottilmente perfido, ci fa toccare le bassezze del Male pur nella sua banalità. Serrato, molto ritmato e misurato fin nei minimi dettagli, il film ricalca atmosfere tipiche della cinematografia “altmaniana”. Qui il male si annida nel cuore malato di una famiglia mettendo a nudo disperazioni e frustrazioni di fondo. La storia, anche se raccontata a ritroso nel tempo, appare chiara fin dalle prime sequenze. Lumet descrive i suoi personaggi attraverso stati d’animo e processi mentali da cui scaturiscono le varie azioni e reazioni.
Il racconto corale segue meccanismi quasi cronometrici tanto è preciso. Sopra tutto e tutti il Fato, deus ex machina, che muove i fili di questa tragedia familiare. La storia si snoda come un avvincente thriller anche se i toni dominanti sono quelli del melodramma. Il comportamento irresponsabile di due fratelli (Philiph Seymour Hoffman e Ethan Hawke) che, a corto di soldi, mettono in atto un piano apparentemente perfetto ai danni dei genitori (rapinare la loro gioielleria) porterà a disastrose conseguenze. Quando infatti la situazione sfuggirà loro di mano per un imprevisto (l’inconsapevole uccisione della madre) tutto andrà in fumo e la vendetta del padre (Albert Finney), che indaga per proprio conto, sarà terribile e spietata. Sotto la lente di Lumet una famiglia medio-borghese americana dove i personaggi antieroi per eccellenza, anzi un po’ sgradevoli, non sono in grado di affrontare se stessi e ne escono distrutti. Qui c’è lo sgretolamento dei valori familiari sacrificati all’edonismo più sfacciato anche se la logica della necessità cerca di rendere in qualche modo giustificabile un comportamento alquanto disprezzabile.
Un film dunque problematico e complesso dove non mancano spunti per una riflessione sociale partendo da quella esistenziale. Raffinatissimo, sofisticato e classico con echi di tragedia greca ma anche citazioni di Shakespeare: un dramma elisabettiano con qualche spruzzata di biblico. Sorretto da un cast superbo la dice lunga sull’attenzione e cura particolare che Lumet pone nella scelta degli attori. Philiph Seymour Hoffman domina la scena, gli tiene testa il grande Albert Finney.
Ester Carbone |