Le cinque stirpi
Il fantasy, negli ultimi anni, si è ormai definitivamente sdoganato: da letteratura di genere, destinato ad una piccola ristretta cerchia di appassionati, è divenuta narrativa da best sellers. Questo ha permesso gli editori di pubblicare opere che non fossero dei soliti autori affermati americani o inglesi, ma di far emergere autori non anglofoni che avessero buone idee e narrazione fluida.
Il maggior vantaggio di questa esplosione geografica del fantasy risiede nella possibilità di attingere a strutture narrative o creative che, se pur traggono spunto dai grandi classici inglesi (primo tra tutti Il Signore degli Anelli), riescono a dare una rilettura dei topoi narrativi, in chiavi diverse ed, a volte, inattese.
Le cinque stirpi appartiene ad uno di questi casi: come in ogni classico del sottogenere narrativo sword & sorcery, nel corposo romanzo si trovano potenti maghi buoni e cattivi, re umani, elfi sfuggenti e chiassosi nani. Quello che cambia è il punto di vista narrativo. Per una volta, protagonisti ed eroi sono i nani.
Heinz tratteggia i suoi primi attori traendo spunto della più classica delle iconografie: robusti, tarchiati, con lunghe barbe fluenti (di cui vanno vanitosamente orgogliosi), vestiti di raffinate armature metalliche, armati di grosse asce o martelli, chiassosi, irritabili, fini artigiani fabbri e scalpellini. A distinguerli dagli altri colleghi narrativi, è la storia, la costruzione di retaggi e dinastie diverse, l’approfondimento sugli usi e costumi. In poche parole, li distingue essere protagonisti a tutto tondo di un romanzo.
Primo romanzo di una trilogia, ma assolutamente autoconclusivo, Le cinque stirpi è divertente, leggero, scorrevole, e può tranquillamente prendere posto, in libreria, tra i classici della narrativa fantastica.
Ruggero Signoretti
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