ANALISI GENETICHE E FONDI DI CAFFÈ |
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Infuriano negli Stati Uniti, e non solo, le polemiche sui test genetici a pagamento. Tre nuove compagnie, la Navigenics, la 23andMe, e la deCODE offrono a prezzi del tutto contenuti (a partire da mille dollari), l’esame di pannelli di geni che potrebbero essere connessi alla suscettibilità a una serie di malattie, come l’ Alzheimer, l’infarto, o alcuni tumori. Il cliente non deve far altro (oltre a pagare) che inviare un piccolo campione di sangue o saliva, e in breve tempo riceverà la sua analisi genica individuale. Per soli trecentocinquantamila dollari, poi, la società Knome, offre la sequenza completa di tutto il genoma del cliente.
Questi test, fino a pochi anni fa eseguiti solo a scopo di ricerca, sono adesso disponibili al pubblico grazie allo sviluppo di nuove potenti tecnologie, che consentono di analizzare in tempi brevi e a basso costo le varianti di intere batterie di geni dell’individuo. D’altro canto, si sono accumulati negli ultimi anni un numero crescente di studi che tentano di mettere in relazione la frequenza di questa o quella malattia con questa o quella variante genica individuale.
Molti scienziati e medici, tuttavia, si dichiarano sfavorevoli all’offerta diretta al pubblico di queste analisi: c’è solo un numero ristretto di geni, dicono, la cui relazione con una determinata malattia è stata stabilita con chiarezza incontrovertibile. E’ il caso, ad esempio, di alcuni geni legati all’insorgenza del tumore al colon o al seno. Agli individui portatori delle varianti geniche “pericolose”, viene raccomandato il massimo scrupolo negli esami periodici (endoscopia, mammografia, eccetera). Neanche in questi individui, comunque, il fatto di possedere un gene che favorisce la formazione del tumore dà la certezza che il tumore si svilupperà davvero, ma indica solo una probabilità maggiore rispetto al resto della popolazione. Così come, del resto, per chi possiede varianti geniche più “favorevoli” non c’è la certezza assoluta di essere immuni alla malattia.
Riguardo ad altre malattie, dicono questi medici, gli studi non sono affatto chiari. E’ più probabile che non siano determinate da uno o pochi geni, ma da molti geni diversi, il cui contributo è ancora impossibile da valutare nell’insieme.
Per alcune patologie, ad esempio l’infarto, aggiungono, sembra che le abitudini di vita (dieta, controllo del peso, esercizio fisico) siano molto siano più determinanti della componente genetica.
Queste analisi insomma, hanno dichiarato alcuni scienziati, sono “di nessuna informazione utile” e “più un divertimento che altro”.
Un po’ come cercare di leggere il futuro nei fondi di caffè, insomma?
Le compagnie che offrono questo servizio ribattono che se i test, sia pure di significato ancora incerto, incoraggiano coloro che li fanno ad adottare uno stile di vita più sano e una maggiore prevenzione, perciò sono utili in ogni caso. E poi, aggiungono, anche se la correlazione di un test con la probabilità di malattia non è ancora stabilita con certezza, nei prossimi anni gli studi si saranno approfonditi. A quel punto i dati accumulati dal paziente torneranno ancora più utili.
Per si e per no, è stata approvata poche settimane fa negli Stati Uniti una legge che proibisce la discriminazione genetica e, in particolare, vieta che i dati genetici possano essere richiesti o utilizzati dai datori di lavoro o dalle compagnie di assicurazione medica.
Marta Baiocchi
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