I DRAMMI DI UN CROLLO
Siamo in una zona di montagna tra Ungheria e Romania, in un distretto minerario ormai depresso.
La dodicenne Iszka invece di andare a scuola passa la sua vita per strada in una città di minatori dell’Europa dell’Est. Raccoglie scarti di ferro, elemosina nella bettola, e come dice lei aiuta “con tanti spicci” i suoi genitori mezzi alcolisti che la maltrattano.
Iszka un giorno lascia per sempre casa, ma dalla strada finisce prima in un orfanotrofio, poi nella rete dei trafficanti di esseri umani, che la nascondono in una nave in porto assieme ad altre ragazze e la vendono. Il finale è aperto, visto che non sappiamo dove andrà quella carretta del mare: Grecia, Turchia, forse anche in Italia. Il film infatti ci riguarda da vicino, visto che il punto terminale di questi traffici è proprio l’Europa occidentale.
Nel film i protagonisti sono veri ragazzini di strada che parlano un dialetto rumeno e recitano una storia simile a quella propria. Per testimonianza del regista, la sceneggiatura è stata ogni tanto quasi improvvisata sul momento.
Paradossali i dialoghi: quando nell’orfanotrofio domandano a Iszka se la maltrattano a casa, lei molto comprensiva risponde: “beh, non tutti i giorni mi maltrattano.”
Massimo realismo anche nelle ricostruzioni d’ambiente: il personale dell’orfanatrofio fa quello che può, ma il crollo del comunismo ha portato allo sfascio delle istituzioni educative e assistenziali. Persino i delinquenti sembrano veri: gli sfruttatori che ostentano macchine di grossa cilindrata e fanno credere alle ragazze povere che faranno tanti soldi, alla fine più che odiosi diventano comprensibili: vengono dal basso anche loro. Ma la cosa più sorprendente è stato sapere che due delle ragazzine protagoniste sono state date in affidamento proprio al regista e a sua moglie, che recita anche nel film. Siamo così di fronte a qualcosa più di un film sociologico o di generica denuncia, la conoscenza dell’ambiente essendo tanto viscerale.
Proprio il regista e sua moglie ci hanno comunque rassicurato: negli ultimi due anni, anche in Romania alcune associazioni cattoliche hanno aperto case alloggio per ragazzini di strada. Ma una prima ondata di ragazzini sbandati si era vista l’altr’anno anche a Roma, prima del decisivo intervento operato dal Comune, attraverso il Servizio minori non accompagnati.
Purtroppo film di denuncia sociale come questi, anche se prodotti e distribuiti (ma in Italia ancora nessuno si è fatto avanti), non hanno più sul pubblico l’impatto che avevano ancora pochi anni fa.
Marco Pasquali
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