COME CI PIACE LA MUSICA  | 
                        | 
                     
                   
                      
                    Apprezziamo  la musica per natura o per cultura? Una domanda vecchissima, su cui le opinioni  e le filosofie si  scontrano. Matematici  e neurologi tentano di dare il proprio contributo.  
                      I  suoni sono prodotti da onde sonore, caratterizzate da frequenze che possono  essere espresse in hertz. Così, per esempio, il Do centrale del pianoforte ha  una frequenza di 261.6 hertz. Esiste una precisa relazione tra le ottave  successive, infatti il Do successivo sul pianoforte ha una frequenza che è la  metà di quello precedente: 523.2 hertz, e così via per gli altri Do  successivi.  Come mai abbiamo stabilito  un’analogia tra queste frequenze, chiamandole allo stesso modo? In realtà,  tutte le culture che danno un nome alle note, danno lo stesso nome a note  separate da un intervallo di ottava. Non solo, sembra che anche le scimmie  resus abbiano una sensibilità particolare a questo intervallo, infatti sono in  grado di riconoscere melodie semplici quando sono trasposte di un’ottava  intera, ma non se spostate di intervalli diversi, per esempio mezza ottava.  
                      Martin  Braun, dell’Organizzazione di Ricerca sulla Neuroscienza della Musica in  Svezia, ha condotto un esperimento su una musicista volontaria, dotata di  orecchio assoluto, cioè la capacità che hanno alcuni individui di riconoscere  una nota isolata (la maggior parte della gente, invece, per poter riconoscere  le note ha bisogno di ascoltare una nota di riferimento, per esempio il la del  diapason). La musicista ha accettato di prendere un farmaco, la carbamazepina,  che le faceva percepire tutti i suoni abbassati di circa mezzo tono, e  distorceva la sua percezione degli intervalli. Nonostante il farmaco rendesse  il suo orecchio musicale notevolmente corrotto, la donna conservava la capacità  di riconoscere facilmente gli intervalli di ottava. Le note separate  dall’intervallo di ottava, sostiene Braun, sollecitano gli stessi gruppi  specifici di neuroni all’interno del talamo auditivo, una particolare regione  del cervello. La capacità di riconoscere l’intervallo di ottava, dice, è una dote  innata e radicata del cervello degli uomo e di alcune scimmie. 
                      Le  cose starebbero in modo diverso, invece, per quanto riguarda gli intervalli in  cui l’ottava viene divisa. Mentre la musica occidentale tradizionale divide  l’ottava in dodici intervalli (i tasti bianchi e neri del pianoforte), nelle  isole di Giava e di Bali si usano due scale, una composta di cinque intervalli  uguali, l’altra di sette intervalli non regolari. Queste musiche hanno al  nostro orecchio un suono molto strano. 
                      All’ultimo  congresso dell’Associazione Americana di Matematica, è stato ascoltato con  interesse il musicista Robert Schneider, che compone musica utilizzando una  scala da lui inventata, a base logaritmica. Questo vuol dire che muovendosi  verso i toni più acuti (sulla parte destra del pianoforte) gli intervalli tra  le note diventano sempre più stretti. Una musica di questo genere può essere  prodotta solo elettronicamente: il pianoforte su cui suonarla avrebbe una  quantità smisurata di tasti aggiuntivi sulla destra. Gli ascoltatori dicono che  sebbene la musica di Shneider sembri alquanto strana sulle prime, man mano che  ci si abitua diventa piacevole all’ascolto.  
                      Si può  imparare ad apprezzare dunque, una musica che non utilizza la suddivisione  occidentale, in dodici intervalli, dell’ottava.  
                    Così,  la domanda su perché apprezziamo la musica lascia una risposta aperta:  probabilmente, è in parte per natura in parte per cultura. 
                    Marta  Baiocchi 
                    Bibliografia:  New Scientist, 23 Febrraio 2008, pag 33 
                      
                      
                     |