L’IMPERO DEL CRIMINE
Nulla che non si sapesse già ma l’operazione che Roberto Saviano prima, con il suo libro-inchiesta il best seller “Gomorra” è il regista Matteo Garrone poi, con il film omonimo, hanno voluto compiere è senz’altro clamorosa e illuminante. La camorra così com’è, vista da dentro, scavata fin nelle viscere più profonde, nessuno finora aveva avuto il coraggio di descriverla né di proporla in immagini. La trasposizione cinematografica è una scommessa vinta anche se ha richiesto un lungo lavoro per la sceneggiatura. Il film, sottotitolato per via del dialetto incomprensibile è, come un’inchiesta a 360° sulla “vita e opere” della camorra raccontate attraverso i vicoli dei quartieri popolari di Napoli. I luoghi reali sono quelli indagati dallo scrittore Saviano come le famigerate “Vele” di Scampia. Il film, senza fronzoli né pietismi, è secco, diretto, asciutto, a tratti raggelante. I vicoli, là dove attecchiscono le radici della malavita organizzata per poi diramarsi in modo capillare, fanno da sfondo a cinque storie, cinque episodi che si intersecano e si incrociano come i fili di un tessuto sociale a parte. Un tessuto fatto di rituali, di regole feroci e inesorabili, di violenze, di crimini. Garrone, con la cinepresa a spalla, da un’unità di azione, un ritmo di continuità alle cinque storie e attraverso il suo sguardo attento lo spettatore avverte una partecipazione silenziosa, come se il regista stesso entrasse in quei santuari del crimine per meglio fotografarli e radiografarli. Una pagina di cinema – realtà come non mai. Quanto poco conta la vita dell’uomo se c’è di mezzo uno sgarro lo si capisce fin dalle prime sequenze che in un certo senso costituiscono il biglietto da visita del film: un agguato di stampo camorristico e un’agghiacciante carneficina con vari morti ammazzati. Dei cinque episodi che compongono il film quello che forse rimane più impresso nella memoria è la storia di due giovani violenti, Ciro e Marco, che sognano di vivere come nel film “Scarface” con Al Pacino. Si mettono in affari per conto proprio disturbando i boss della zona, ma pagheranno cara la loro spavalderia; la fine drammatica dei due segna anche l’epilogo del film. Ciro e Marco, due vite spezzate per inseguire guadagni facili. Guadagni illeciti e soldi sporchi mescolati a sangue circolano per tutto il film. In “Gomorra” il denaro serve a Ciro e Marco per le slot machine e i night club, a Don Ciro per distribuirlo alle famiglie degli affiliati, al tredicenne Totò, un adolescente intossicato dalla camorra che spaccia droga e fa la spesa per la moglie di un detenuto. Ed è ancora il denaro a spingere il sarto Pasquale, già a servizio della malavita, a insegnare i suoi segreti alla concorrenza cinese. Tanto denaro viene poi dalle industrie lombardo-venete interessate a scaricare i loro rifiuti tossici al faccendiere Franco che, gestendo siti illeciti, mescola il materiale pericoloso a terreni produttivi inquinandoli. E la polizia? Si intravede appena in una scena, cauta e impotente come è di fronte alle guerre tra clan dove la piaga dello sfruttamento di minori, il traffico illecito di armi, il mercato delle griffe taroccate e i soprusi vari la fanno da padrone. Il giro d’affari è incalcolabile e poi quelli lì sono troppo potenti troppo intoccabili. “Gomorra” è lo spaccato di alcuni mali che affligono la città di Napoli, ma ricordiamoci: Napoli è anche altro per fortuna c’è del buono e del bello in questa città nonostante tutto. Al Festival di Cannes il film denuncia di Garrone ha trionfato aggiudicandosi il Grand Prix della giuria e il premio Arcobaleno. Attori del calibro di Toni Servillo e Gianfelice Imparato danno il loro apporto al successo della pellicola. Ma anche attori non professionisti, i giovani Ciro Petrone e Marco Macor (nel film conservano i loro nomi) non sfigurano. Matteo Garrone si conferma regista attento e impegnato oltre che eccellente operatore. Il giovane scrittore napoletano Roberto Saviano, a cui la camorra non ha perdonato di aver scandagliato così a fondo nei suoi affari, vive il successo del suo libro da blindato, cioè sotto scorta perché minacciato e ritenuto infame. “Gomorra” fa paura ai santuari del crimine perché è diventato un best seller tradotto in 42 Paesi. Smascherando la camorra la descrive come la più pericolosa e potente e ricca organizzazione criminale al mondo. “Oggi siamo all’anno zero – dice Saviano – e tutto è nelle mani delle nuove generazioni a cui tocca ricostruire questo Paese”.
Ester Carbone
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