Mediterranea

iL SENSO DI INSICUREZZA AVALLATO DALL’INFORMAZIONE

 

La violenza è intorno a noi e non sono gli sporadici titoli sugli organi d’informazione. È una violenza continua, sulla quale si puntano i riflettori solo nei momenti opportuni, ma ogni giorno è attraversato dal sangue, altrimenti non si spiegherebbero le allarmanti statistiche, nonostante che l’Italia sia tra le nazioni meno violente.
È raro che si racconti di un senzatetto pestato a morte, ci sono vittime e vittime, e quando succede è violenza gratuita senza nessun risvolto politico. La violenza, in questa sarabanda d’indignazione, viene fomentata, spero inconsapevolmente, dai giornalisti che usano termini senza riflettere, come fanno spesso gli esperti di turno, additando le vittime come i “diversi” dagli aggressori. Appare utilizzato il termine “diverso” anche in una stringa informativa di RaiNews24 per comunicare sinteticamente la posizione del governo spagnolo rispetto alle iniziative che il governo italiano vorrebbe intraprendete rispetto ai non italiani, ma anche sui giornali verso la voglia di identificare l’altro come un nemico per dimenticare la “mondezza” di Napoli.
Non sono diversi, sono altri, come ha ben spiegato Ryszard Kapuscinski nella serie di conferenze raccolte nel libro della Feltrinelli “L'altro”.
Vittime e aggressori sono altri di noi, donne e uomini, ricchi e poveri, bianchi e neri, religiosi e non.
C’è da riflettere se sono venuti alla ribalta due casi di segregazione, sulla violenza e sulla possibilità di quante altre persone stanno vivendo rinchiuse, per il piacere di un’altra persona.
La ferocia di una parte dell’umanità verso l’altra è un ottimo argomento per i non religiosi nel negare l’esistenza di Dio, nel ribadire la discendenza animale e non “divina” di questo essere capace di tanta ferocia.
È un vero tripudio se, come nel film di Marco Bellocchio (1972), si può sbattere il mostro in prima pagina, quando è un “altro”, ma si è meno solleciti se è uno di “noi”. La violenza di un rumeno è più feroce di quella perpetrata da un italiano.
Si arriva a confondere la realtà con la finzione e un gioco per Xbox 360 diventa un esempio da imitare e senza pudore viene pubblicizzato su alcuni canali televisivi in varie fasce orarie, senza che il Codacons, tanto ligio per altre cose come il salvaguardare della privacy delle tasse pagate, non si indigni, neanche sotto la sollecitazione di Fiorello e Baldini dai microfoni di Viva Radio2, nel trovare l’omicidio, come il furto e il vandalismo, la normalità.
Un modo per riscattarsi dalla frustrazione dell’ignoranza e soprattutto l’avidità dell’individualismo che echeggia nell’assenza di figure positive, una mancanza sempre più evidente nel comportamento dei genitori, che possono offrire un buon esempio. Un gioco incentrato nel personaggio di un mafioso che compie, come un bravo lacchè, tutte le nefandezze possibili e altre bravate con la convinzione che sono frutto della sua intelligenza.
Non proprio una miticizzazione di vita, ma sicuramente una vita possibile come quella narrata nel serial televisivo “I Soprano”.
Accumunare tutti gli italiani alle organizzazioni mafiose e come generalizzare su nomadi e albanesi, confondendo Rom con rumeni, tutti gli asiatici con i cinesi anche se loro si fanno i fatti loro in silenzio, e gli africani con i nigeriani.
Allontaniamo tutti gli altri perché puzzano e sono brutti, perché è ben noto che chi non si può lavare o andare in un beauty farm è un criminale, dimenticando le persone appariscenti per la comunità e ignote al fisco. Ma non bisogna fare delle eccezioni con le badanti, perché quello che è utile per noi non è criminale fruttare.
Parafrasando Primo Levi – se queste non sono delle persone – cosa sono? Spaventarli, metterli in fuga, bruciare il terreno alle loro spalle. Esasperare gli animi e seppellire irrimediabilmente
Certo Umberto Eco ha saputo spiegare a l’assemblea bolognese, nell’ambito della 7ª Edizione delle Letture dei Classici dal titolo: "L'elogio della politica", la necessità di “Costruire il nemico”
Ottima analisi, ma il prof. Eco dovrebbe essere più accessibile a tutta quella gran parte d’italiani che hanno scelto di votare per uno schieramento che ispira sicurezza. Una schiera che non sembra andare troppo d’accordo con i libri e tanto meno con la filosofia, ma con la necessità di portare in tavola, il più spesso possibile, il pane e il companatico, cosa per altro che li accomuna con quella moltitudine che vorrebbero allontanare dai loro occhi e dal “cuore”.
Cercare di comunicare con chi ha poca dimestichezza con argute citazioni tratte da Brecht, Eschilo, Giulio Cesare e George Orwell, è difficile, ma non impossibile come cercare di capire le persone colte e estremamente religiose inaridite dall’avidità dell’individualismo. Cittadini che trovano nelle ronde l’unica soluzione ai loro problemi, rifiutando di conoscere, ma sfocandosi con il calcio e pregando che l’altro sia allontanato.

Gianleonardo Latini

 

 


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