CORINTHIOS, IL PARSIFAL DELLA PITTURA
In un panorama artistico contemporaneo che muove sempre più in direzione dell’espressionismo astratto, la scelta dell’artista romano Mario Corinthios, di esprimersi attraverso il puro figurativismo, appare decisamente controcorrente.
Se è vero che in campo figurativo ogni strada è già stata percorsa, e sembra proprio non esservi più spazio per l’innovazione, Corinthios non teme il pericolo della mancanza di originalità.
Ed è davvero uno dei pochi artisti figurativi contemporanei in grado di comunicare finalmente qualcosa di nuovo.
Sarà perchè insolita è la sua fonte d’ispirazione, la musica di Richard Wagner, che ascolta sempre mentre dipinge, quasi a dirigere le sue pennellate sulla tela; sarà per la sua mania di inserire figure dai tratti rinascimentali in ambientazioni moderne, o elementi architettonici antichi in paesaggi industriali ed emblematici della nostra società, ma ecco che da un miscuglio misterioso, e da un intenso scambio tra musica e dipinto, prendono vita delle opere straordinarie, mai viste prima.
Dipinti che, come lo stesso Corinthios ama definire sono “un po’ metafisici e dal sapore neorinascimentale, preannunciano l’avvento di un nuovo umanesimo, sono una sorta di manifesto per una società rinnovata”. Un linguaggio espressivo solo apparentemente sereno, ma che in realtà cela un urlo di denuncia contro il disorientamento morale dei nostri tempi. “La mia pittura è rappresentazione del dramma dell’esistenza” - spiega l’artista - “le mie opere sono pervase da un sentimento di rimpianto e di nostalgia per un mondo passato, per un’armonia ed uno stato di felicità ormai perduto.”
Dipinge per una necessità interiore Corinthios, perché dice “è come se mi mancasse qualcosa, qualcosa che ho perso per sempre…” I suoi paesaggi desolati e spesso privi della presenza umana, esprimono tutta l’ansia dell’uomo contemporaneo. I suoi dipinti sono come delle finestre su mondi misteriosi, lontani, irraggiungibili.
Ma per capire il perché di una mostra “Omaggio a Wagner” bisogna approfondire la relazione tra arte e mito. E’ questo il filo conduttore delle opere esposte alla Rufart Gallery, il “mito dell’eterno ritorno”, con un ciclo di dipinti ispirati all’Oro del Reno, al Crepuscolo degli Dei, al Parsifal ma anche alla passione secondo San Matteo di Bach, al Guglielmo Tell di Rossini, alla Piccola volpe astuta di Janacek. “Parsifal esiste, Sigfrido esiste” - spiega l’artista - “perché il mito è il destino stesso dell’uomo. Il mito vive in noi e noi viviamo in esso. Ciò che ci circonda è spesso illusione, mentre il mito è rappresentazione della verità che si cela oltre l’apparenza ingannevole delle cose. L’arte ha il compito di rivelare, così come fa il mito, la vera essenza del mondo.”
Ne’ “l’incantesimo del Venerdì Santo”, dipinto ispirato al Parsifal di Wagner, Corinthios ha utilizzato un tela di lino grezza, preparandola con un po’ di colla. Un lavoro impegnativo e lento, alla maniera degli antichi pittori – artigiani, il colore emerge dopo diversi strati di pittura, faticosamente.
Ma ne vale davvero la pena. Il Montsalvat, il monte ove ha sede la dimora dei Cavalieri del Graal, sembra inondato da una luce mistica, intensa, una luce interiore, dell’anima. Ed ecco affiorare la magia della musica wagneriana, il miracoloso risvegliarsi della natura. Il tema della rocca, del monte, è uno dei leit motiv di Corinthios, che ama procedere per temi conduttori, che si rincorrono e che si armonizzano tra di loro, come la torre, la rocca, il cipresso , le case senza finestre, i silos.
Misterioso, impavido ed enigmatico è Corinthios.
La sua sintesi artistica è lo sguardo che svela, e lui stesso l’eroe che vuole svelare al mondo il proprio destino.
Simona Rasulo
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