Mediterranea

LE CITTÀ DEGLI ALTRI

 

Può capitare di trovare il responsabile di due istituzioni dedite all’arte contemporanea proporre un percorso ispirato dall’opera di Umberto Boccioni, per investigare sulla natura della costruzione, sulla sua materialità, sull'istantaneità e sull'illusione tradotte sul piano visivo e simbolico, ma anche della spinta utopica.

È probabile che una mostra allestita precedentemente in un Museo, tipo Arcos - di Benevento, possa aver abbattuto i costi, ma è noto che spesso l’odierna arte si dimostra onerosa e con una strabocchevole e “inevitabile” presenza di stranieri.

 

Può sembrare provinciale ritenere importante rendere visibile la presenza qualitativa degli artisti italiani e contemporaneamente, questa mostra non è un’eccezione, contraddice le timide intenzioni del direttore Eccher nell’aprire alla presenza autoctona.

Questa mostra, La città che sale (We try to build the future), non è un’eccezione e nel suo volere esplorare la dimensione artistica della città che alla contemplazione e alla descrizione preferisce un pensiero agito, il sogno di un azzardo e la possibilità di futuro misurandosi con la capacità di interagire e modificare lo spazio e l’ambiente circostanti.

In questo percorso espositivo povero di presenza italiana, ma strabocchevole dell’oscura idea di arte, emerge il lavoro del tedesco John Bock, un cubo di gomma piuma con un assemblage di materiali recuperati riportati a nuova vita, dove la città è un precario rifugio, un territorio ludico, un paesaggio artificiale, per dare sfogo alla fantasia.

Mike Nelson innalza un labirinto da rigattiere, opere con materiali di recupero come la monumentale espressione del quotidiano realizzata da Vallery Koshlakov.
Alla manipolazione delle povere cose, messa in atto da Bock con il suo decontestualizzare, si contrappone il concavo e convesso espresso dall’opera di Dan Graham. Un continuo capovolgimento fra interno esterno, nel geometrico virtuosismo di un modello di ciò che Graham predilige realizzare in dimensioni megalitiche, portando il visitatore a lasciare il ruolo di spettatore e interagire con l’opera, quando è nella città e non in un capannone dell’ex Mattatoio.

Uno strano ottimismo quello di profetizzare una città che sale, quando la realtà è composta di agglomerati edilizi di scarsa qualità e si ha l’abitudine di utilizzare il termine “casa” per definire quattro mura e un soffitto, un eufemismo che coinvolge la mobilità delle baraccopoli, aspettando una casa digitale che non si limiti a soddisfare le esigenze tecnologiche nell’ambito della pulizia e del cucinare, ma che intervenga nel modificare i panorami dalla finestra e trasformare l’ambiente abitativo in tutto ciò che uno desidera, dal deserto alla foresta.

Il percorso all’interno di uno dei capannoni di MacroFuture si conclude davanti alle proposte del gruppo Stalker. Con “Il Tappeto Volante” - una rielaborazione in corda e rame del soffitto ligneo della Cappella Palatina di Palermo -, fa riflettere su di un Medioevo come felice laboratorio multiculturale, un sentimento che trova maggior chiarezza nel video che il gruppo colloca accanto all’installazione. Un lavoro di ricerca sviluppato proprio nel Campo Boario.

Il tema esistenziale della “casa” viene proposto con leggerezza musicale, attraverso le allegre geometrie di Tobias Rehberger e Olafur Eliassion.

Il poter concludere la mostra davanti a “Doppelgarage” di Georg Schneider da un senso a questa società che ruota intorno alla macchina intesa come automobile, rendendo visivo il sarcasmo della canzone di Malvina Reynolds “Little Boxes", con le sue […] Piccole scatole sulla collina, piccole scatole tutte uguali / Ce n'è una verde e una rosa e una blu e una gialla […]. Case omologate per una vita apparentemente perbene, come si soleva dire: “dei sepolcri imbiancati”.

Tutti box ordinati, in fila come tante tombe, un anticipo per l’ultima dimora, dove la carne si consuma per diventare polvere.

Gianleonardo Latini

 

Roma
MACRO Future
LA CITTÀ CHE SALE
We try to build the future
Dal 25 ottobre 2007 al 31 gennaio 2008
Tel. 06/6710.70400
www.macro.roma.museum


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