QUANDO L'ASCENSORE VA STRETTO
E’ curioso il rapporto conflittuale che gli immigrati hanno con la cucina italiana: se in Pecore nere la italo-somala Igiaba Scego affrontava le romanissime salsicce, in Scontro di civiltà per un ascensore a piazza Vittorio (ma il titolo originale doveva essere: Come farsi allattare dalla Lupa senza che ti morda) uno dei protagonisti, Parviz, ce l’ha con la pizza e gli spaghetti e non riesce a capire come fanno gli italiani a divorare un’impressionante quantità di pasta mattina e sera.
Ma viene in mente anche quel curioso esempio di integrazione alla rovescia che sono stati i discussi menù etnici nelle scuole romane.
E’ chiaro che attraverso il cibo e la cucina passano anche conflitti e pacificazioni. Ma in questo romanzo l’oggetto del contendere è un ascensore di un affollatissimo condominio di piazza Vittorio, descritto da uno scrittore algerino immigrato, Amara Lakhous.
La galleria dei personaggi è ben variopinta: Benedetta Esposito, portiera napoletana spiazzata dal nuovo multiculturalismo; un inquilino razzista soprannominato il Gladiatore; il persiano Parviz Mansoor Samadi, strambo tipo che fa lo sguattero, alza il gomito nonostante l’Islam e si chiede se i deputati della Lega Nord parlino davvero italiano; Johan van Merten, giovane regista olandese che vorrebbe mettere in mezzo gli inquilini per i suoi film; Iqbal Amir Allah il bengalese, alle prese con i nostri uffici di anagrafe (qual è il nome e quale il cognome? Dalle parti sue poi uno si chiama come il padre). Infine c’è l’eterna, paranoica vecchietta col cane.
Tutti si esprimono coi loro stilèmi, in una specie di aggiornamento del Pasticciaccio della vicina via Merulana. Come intermezzo costante c’è una serie di ululati in cui uno dei personaggi – l’ambiguo Amedeo, sposato con Stefania, una traduttrice italiana - commenta dall’esterno (si fa per dire) quanto accade nel condominio.
Sono commenti duri, anche cinici, politicamente scorretti, ma perlomeno smascherano la faciloneria con cui si affronta a Roma il problema della convivenza fra noi e loro.
L’identità di Amedeo sarà chiarita alla fine – è un immigrato anche lui, anzi un rifugiato - quando sarà scagionato dall’accusa di omicidio: infatti il Gladiatore è stato ucciso e lui è l’indiziato. Ma per fortuna il commissario di zona è uno che la sa lunga e paradossalmente non ha pregiudizi. Ma in fondo il crimine qui è semplicemente il catalizzatore per questo calderone romano ancora tutto in assestamento.
Marco Pasquali
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