Mediterranea

I LUSTRINI DEL MERCATO

Offrire nuove visioni dell'arte contemporanea è difficile, non impossibile, ma arduo se l'artista capace è sprovvisto dell'importante dono della perseveranza a instaurare una serie di "conoscenze".
Sono lontani gli anni ’70 e ’80 con la presenza del c.d. critico militante che si adoperava a conoscere ciò che era presente e non solo quello che appariva sul panorama artistico.

 

 

Anche allora l’artista doveva rendere visibile la sua presenza, ma ora non basta far vedere il suo lavoro, deve avere la forza d’insistere e non farsi scoraggiare da lunghe attese in sale d’aspetto.

Ormai le istituzioni hanno completamente delegato alle gallerie il compito di far emergere l’arte, ma il risultato è viziato dalla paura di osare e dal gusto spesso commerciale dei clienti.

Questi in sintesi i presupposti della nascita di “Road to Contemporary Art” (www.romacontemporary.it), dove i protagonisti non sono tanto gli artisti, ma neanche le loro opere, bensì le gallerie e i collezionisti privati, con i critici impegnati a far vedere quello che il privato ha comprato, magari per incrementare ulteriori acquisti e la consequenziale lievitazione delle quotazioni.


Uno sprazzo di felice torpore è stato donato dal pubblico ai galleristi che lamentano una cronica crisi dell’arte contemporanea e rimpiangono gli splendori degli anni ’60.


Una kermesse utile solo a dopare il mercato e ad evidenziare la divisione tra artisti nell’establishment e quelli cocciutamente fuori, ma tra i due ambiti un magma in continuo movimento, di capaci artisti, che li separa. Un serbatoio ricco di proposte al quale le gallerie attingono con moderazione.

Più che allestire due mostre con opere provenienti dalle collezioni delle gallerie e con quelle dei collezionisti privati romani, oltre ad aprire gli spazi pubblici alle gallerie, sarebbe più utile che le istituzioni propongano il lavoro di artisti che si ritengono le promesse dell’arte o di quelli che da anni lavorano in silenzio, in una ristretta cerchia di appassionati.


L’istituzioni pubbliche, nonostante donino grande visibilità e apprezzamento all’operato dei galleristi, degli spiragli di speranza li offre anche alle decine di associazioni che riuniscono la gran parte degli artisti operanti a Roma e nel Lazio, ampliando il panorama della proposta artistica e dando occasioni per ricucire l’incomprensione tra l’arte contemporanea e il quotidiano.

Un dialogo si sta concretizzando anche all’iniziativa del coordinamento delle associazioni di artisti di occupare il mercato coperto di Corviale, realizzato tre anni fa e mai utilizzato, per cambiargli la destinazione d’uso e renderlo un luogo per l’incontro tra e delle arti.

Un luogo dove si possa attuare il connubio tra arte e società, tra il sociale e lo sviluppo economico, con l’impegno della prossima giunta capitolina.

La realtà dell’arte contemporanea romana soffre di un palese spostamento sull’ovvio tecnologico, grande importanza viene data al digitale. Le istituzioni come MAXXI e MACRO sono sorde ai progetti degli artisti e cieche alle loro proposte.

 

 

Un minimo interesse ai fermenti artistici romani viene rivelato da alcune istituzioni culturali straniere come la Temple University, con l’impegno espositivo di Shara Wasserman e Lexi Eberspacher, o l’apertura dello spazio espositivo dell’Accademia di Romania alle proposte italiane e al loro confronto con l’arte contemporanea rumena.
Mancando una disponibilità al dialogo da parte delle istituzioni verso gli artisti operanti a Roma, forse per il timore di apparire provinciali, gli artisti cercano nuove soluzioni per porre all’attenzione, ad un vasto pubblico, ciò che è la loro ricerca e l’occupare uno spazio inutilizzato per renderlo laboratorio e luogo espositivo, oltre che d’incontro, è sicuramente un primo passo per offrire occasione di riflessione al mondo ufficializzato dell’arte e ai politici abbacinati dai lustrini delle “guest star” galleristi e questo vale non solo per le arti visive, ma anche per il teatro, per la danza, per la musica e il cinema, anche se loro hanno ottenuto una “casa”.

Non può essere una Fiera dell’Arte a permettere di conquistare il titolo di “Roma all’apice dell’Arte”, ma un lavoro constante nel promuovere gli artisti. Il mercato dell’arte è in crisi come ogni altro ambito economico e l’eccessiva valutazione di alcune firme non permetterà di far tacere il continuo frignare dei galleristi. Chi è causa del proprio mal, pianga se stesso.

 

 Gianleonardo Latini

 


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