Mediterranea

LE BUONE E CATTIVE ESPERIENZE

Questa è una riflessione sul viaggiare in treno e parte di quanto segue è stata inviata in forma di lettera alla Direzione di Treni Italia, ma è anche l’occasione per inaugurare uno spazio sui servizi e i disservizi ferroviari, non solo italiani, ospitando i vostri reportage del viaggiare in treno, del come vedere il panorama che scorre al di là del finestrino – un vetro pulito è un viaggio iniziato bene – e lo spirito con il quale si parte per arrivare e visitare altri luoghi, incontrando altre persone.
Il vostro narrare di viaggi potrà essere affiancato da alcune immagini e potrà servire a riscoprire un modo di andare tranquillo - slow -, suggerendo non solo itinerari, ma anche innovazioni e migliorie al servizio.
I motivi per scegliere il treno sono i più diversi come quello di viaggiare in modo riposato o per poter avere con sè i cari amici a quattro zampe o dei figli vivaci, forse sarebbe più corretto scrivere turbolenti, o semplicemente non amano usare l’aereo come quotidiano mezzo di trasporto e avere la sicurezza del bagaglio al seguito, senza rischiare di rincorrerlo per il mondo, oltre a ritenere un mezzo di trasporto tra i più ecologici.
Per questi e altri motivi si sceglie di acquistare un biglietto che non sempre è più economico dell’aereo.
È istruttivo compiere, di tanto in tanto, dei viaggi ferroviari. Aiuta alla comprensione di ciò che ci circonda e dello stato delle cose.
Acquisti un biglietto, ad esempio per Roma-Parigi-Roma, in vagone letto T3 e considerato il costo, anche se scontato per averlo prenotato con più di 30 giorni d’anticipo, ci si potrebbe aspettare dei finestrini puliti, se non lindi, e magari della minima capacità del personale ad interloquire con i numerosi stranieri. Questo non è la norma, ma solo l’eccezione.
Il massimo della eloquenza estranea al romanesco, in questo caso, è il poter richiedere il ticket e il passport o domandare coffee o cappuccino, invece di dire caffè.
Una mancanza di stile la troviamo subito sugli sportelli dei vagoni, con le malinconiche targhette di carta per informare del numero della carrozza e quelle per indicare il luogo di partenza e quello di arrivo, con tutte le fermate, appiccicate al vetro dello sportello.
Tra il personale può capitare trovare dei manzi intenti a corteggiare le americane, dedicando poca attenzione alle persone non più giovani, cogliendo i poco lusinghieri commenti sulla loro selezione da viaggiatori italiani e sulle ilari battute della possibilità di aver vinto il posto con la raccolta punti. Ma sono solo delle eccezioni come la possibilità di sentir echeggiare nell’aria forbite imprecazioni. La maggior parte dei responsabili di carrozza sono professionalmente gentili e cercano come possono di sopperire alle disfunzioni e venire incontro alle necessità del viaggiatore.
Dal treno si può vedere un paesaggio che cambia, rimanere colpiti da un paese o da un ponte o, magari, da un gruppo di persone che il nostro sguardo li coglie in una frazione, come un fotogramma e pensare a cosa stavano facendo. Sono incontri che appaiono graziosi come può succedere a chi, venendo da Bologna per andare a Firenze, si affaccia sul lato sinistro del treno, poco prima di S. Benedetto, e vede una chiesetta circondata da un manipolo di case e posta su di un’altura.
Sono piccole gratificazioni, come il seguire il corso di un torrente che scorre tra dirupi, in un susseguirsi di attraversamenti, che potrebbero alleviare la schizofrenia del servizio. Andata senza asciugamani, ma con un buon funzionamento dell’aria condizionata, al ritorno asciugamani e saponette, ma in alcuni scompartimenti non è stato possibile sdraiarsi nelle cuccette più alte sino alle due del mattino, quando all’inefficienza dell’aria condizionata è venuto in aiuto la riduzione di alcuni gradi della temperatura esterna.

Gianleonardo Latini


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