FIORI E GALASSIE
Renato Grome, australiano di Roma (dove è nato, ha il nome del suo padrino Guttuso) con “Essence” alla “Lipanjeputin” di arte contemporanea manifesta il suo esplicito interesse non solo per l’arte fotografica e le sue diverse manipolazioni ma, attraverso essa, il suo personale cammino sulla strada delle piccole verità e delle piccole rivelazioni.
Lui stesso mi dice che l’impatto fotografico è il primo passo, il più vicino alla realtà che va capita, amata, scoperta anche e sopratutto nelle sue piccole, marginali manifestazioni.
E’ già tutto lì, tutta la fantasia, tutte le interpretazioni, tutte le invenzioni dell’arte (ma anche della scienza) sono già nella realtà. Essa parla spesso sottovoce, si maschera e si camuffa, qualche volta si nasconde, talvolta urla.
Basta avere occhi e cuore per ascoltarla. Così Renato Grome mi racconta che tra le orchidee, le piante carnivore ed altro, un giorno s’accorge di un piccolissimo fiore, un colore discreto, banale:
(ma esiste banalità nella Natura?) lo fotografa, lo ingrandisce, lo ricolora.
Ed ecco nei suoi petali la mappa stessa di una galassia, un cosmo nell’infinitamente piccolo.
Questa è la verità: le leggi che governano l’immensità sono le stesse che governano un granello di polvere. Ma questa è solo filosofia spicciola.
“Hypnos”, “Aura”, “Life”, “Alien” sono i seduttivi titoli che Grome dà alle sue piante, ai suoi fiori ridotti, o per meglio dire ingranditi ad ambigue icone di una Bellezza naturale financo mostruosa, la Bellezza che ovunque, in una gigantesca palma tropicale come in un grumo di terra tra i selci, è testimonianza di una vitalità irriducibile, eterna.
Luigi M. Bruno |