UNDERGROUND POSTCOMUNISTA
Uno dei nefasti risultati del monopolio cinematografico da parte di poche imprese è l’esclusione di buoni film dal circuito. Parlo di Kontroll, del giovane esordiente ungherese Nimròd Antàl, formatosi alla scuola del videoclip e della pubblicità. Presentato nel 2004 a Cannes e vincitore del Prix de la jeunesse, è stato quest’anno doppiato anche in italiano e distribuito in sala, ma persino la critica lo ha trascurato. Peccato, perché l’ambientazione è assolutamente… metropolitana e regge il confronto con analoghi film americani. Ma siccome l’attore protagonista non si chiama Sylvester Stallone ma Sándor Csányi, e gli effetti speciali ungheresi non sono costosi quanto quelli americani, anche se un direttore della fotografia come Gyula Pados dà i punti a tutti, neanche i critici si sono sprecati, anche se dovrebbero dare informazioni proprio sui film meno noti. Interamente girato nella metropolitana di Budapest, Kontroll mischia gli stili: horror perché si deve dare la caccia a un assassino che incappucciato butta la gente giù sotto i treni; grottesco perché il controllo dei treni e delle gallerie è affidato a squadre di controllori ora duri, ora improbabili. Chi conosce i mezzi pubblici di Budapest avrà visto persone normali, persino anziane, cingersi improvvisamente il braccio con la fascia di controllore e fare il proprio lavoro. Ma qui l’idea di partenza genera situazioni portate all’eccesso: la Budapest postcomunista è anche piena di teppisti, di poveracci e di arricchiti. Ne nascono scene esilaranti, violente, grottesche, senza mai perdere il ritmo: nessuno vuol fare il biglietto e le nostre sgangherate squadre ce la mettono tutta, ora inseguendo i trasgressori, ora discutendo al parossismo con i passeggeri. Ma l’obiettivo vero è incastrare il serial killer, e le squadre sono in competizione tra loro. E siccome il caposquadra Bulcsù è fortemente indiziato dalla Direzione, la sfida si fa dura. Il giovane e bello Bulcsù ha rinunciato a una brillante carriera per vivere e lavorare laddove mai arriva la luce del sole, un mondo sotterraneo popolato da gente a parte, come uno strambo macchinista (Lajos Kovács) e l'altrettanto stramba figlia Szofi (Eszter Balla), che gira chissà perché vestita da peluche e di cui s'innamora a prima vista proprio Bulcsú. Il quale è anche coraggioso: accetterà per sfida una folle gara con un rivale correndo dietro al convoglio di mezzanotte, inseguito dal treno successivo, prova mozzafiato che gli permetterà infine di seminare ed eliminare anche il misterioso serial killer. Nell’ultima scena, lui e la bella orsacchiotta prendono la scala mobile ed escono alla luce del sole.
Marco Pasquali
|