FILM LIOFILIZZATI E NON
Tra un “horror” al rosso anilina e un’insipida commedia-hamburger, nonostante sempre più costosi e lambiccati “effetti speciali”, siamo sommersi da film precotti e confezionati, anzi liofilizzati, dove pause, battute e capovolgimenti sono previsti con millimetrica precisione industriale: la stessa scatola e l’eterna zuppa. Togli la panna e le candeline, in mezzo all’enorme torta c’è più o meno il solito biscotto sciapo.
E chi c’è dietro questi film-scatoletta? Affiatate équipe di furbi pizzaioli, cooperative di frigidi ingegneri di “video-games” pronti, prendendo un pò qui e un pò là (sesso, sangue e frattaglie, con la crema rancida dei “sentimenti”) a infornare la pizza liofilizzata di turno. Dove siete Vidal, Chayefsky, Steinbeck? Dove siete Zavattini, Flaiano, Scola? Perciò, in tanta rumorosa desolazione, lasciatemi sciogliere un lamento per un autore vero che se ne è andato via nel Maggio scorso in punta di piedi, beffandoci con la sua ultima, tagliente risata.
Marco Ferreri fu l’umorista misantropo degno di Swift e Rabelais, l’amorale moralista di cui avevamo bisogno, la goccia d’aceto, il pezzetto di lievito necessari nel nostro mondo di “pizze” lardellate e bisunte di pretenziosi stracci concettuali ma nella sostanza crude e muffite. Lo sberleffo di Marco Ferreri, figlio di crudeli e geniali surrealisti, nato in quella terra di Spagna così favorevole a un Bunuel, a un Dalì, ritornò poi da noi, nell’Italia fervida e “casinara” degli anni ‘60, ad educarci al suo rigore morale travestito da spietato giullare.
Fu maestro di un cinema di sentimenti “estremi”, paradossali, che fece scuola e proseliti negli autori che si disincagliavano dal “volemose bene” del tardo neorealismo rosa, cercando la diversa realtà contraddittoria, aspra e poetica, che sarà dei migliori Germi, Scola, Loy di quegli anni.
Sul suo carrozzone di zingaro beffardo salirono i migliori attori di turno e ogni volta, smessi i panni togati delle “star”, si sottomisero volentieri al gioco della cialtrona goliardata, della rimpatriata sconcia che la diceva lunga, ridendoci sù, della fatica di esistere. Questo satiro geniale e dimesso non si aggirerà più tra i maleodoranti anfratti del nostro italico cinema dispensando unghiate a sorpresa, frustando la nostra atavica pigrizia di sederci e “sbragarci”. Ci restano gli indimenticabili personaggi della sua galleria di umanissime mediocrità, di curiose abiezioni: questi suoi scandalosi “antieroi” troppo somiglianti al ritratto dello stesso Ferreri, irriducibile, simpaticissimo “cattivo”...
Luigi M. Bruno
da ORIZZONTI 1998 (Aprile-Maggio) |