|  I figli di Anansi
Ritorna Gaiman, il visionario scrittore e sceneggiatore di fumetti e film. Ritorna e con lui ritornano le sue compagne di sempre: stupore e meraviglia.
Gaiman non è uno scrittore molto prolifico: nella sua carriera sono meno di una dozzina i romanzi pubblicati. Ogni suo libro, però, rappresenta una intera cosmogonia. Gaiman non si limita a creare una storia: crea i personaggi, crea il mondo dove vivono, crea gli dei e le leggi che regolano quel mondo. Ma non lasciamoci ingannare: Gaiman non è uno scrittore di fantasy sul modello di Tolkien. Gaiman crea dei mondi assolutamente plausibili e reali. Tanto reali da indurci a pensare che, in realtà, non si sia inventato nulla ma che il nostro mondo sia veramente come lui lo dipinge, rendendo assolutamente plausibile che tra noi ci siano degli dei che litighino e si azzuffino tra loro.
La storia di Charlye Nancy è la storia di uno qualunque: una persona normale, forse appena un po’ timido, con una ragazza normale, un lavoro normale e che, normalmente, scopre di essere il normale figlio di un padre non tanto normale. Suo padre è, o meglio era perché è morto d’infarto in un locale karaoke, un dio, il dio nelle storie. La centralità delle storie di Gaiman si regge su un solido principio di sospensione della realtà e I figli di Anansi non fa eccezione. Il potere di uno scrittore è nel toccare le corde più profonde del nostro animo. Gaiman riesce a toccare le corde della nostra memoria genetica ed ancestrale. Le sue storie si incardinano nella visione primigenia ed animista che abbiamo del mondo, pre-esistente alla visione scientifico-positivista che poi impariamo ad adottare diventando adulti.
Chalye, come lo scrittore, scoprirà, con estrema naturalezza, che essere figli di un dio può essere tanto interessante quanto scomodo e che la vita piccolo-borghese può avere anche degli indubbi svantaggi. Scoprirà anche che un dio non dev’essere per forza grande, affascinante, terribile, ... Un dio può essere bassetto, cicciotto e con eleganti guanti gialli.
Ruggero Signoretti
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