UN
UOMO DI FERRO
Augusto era un uomo di ferro. Con quel nome
poi...Ogni cosa era stabilita dall'inizio, e così
doveva essere, fino in fondo. Essere fedele alle proprie
idee o schiavo di esse? Augusto non conosceva la bellezza,
la libertà di cambiare idea, magari all'ultimo momento.
La parola data, sopratutto quella data a sé stessi,
pensava Augusto, era un impegno fondamentale. Avrebbe potuto
diventare, con quel carattere inflessibile, un capo militare,
o un capomafia, magari un arbitro di football. Invece era
solo un dentista...Oddio! Perché poi "solo"?
Un dentista non è un grande capo anche lui? Colui
che decide, che da e toglie il dolore. Davanti al dentista
si trema e si implora; il forte trepida e si inchina, il
ricco depone la sua presunzione, il genio si smarrisce.
Bravo era bravo, niente da dire. Bravo e spietato come uno
spadaccino d'Andalusia. Non si inteneriva per nessuno: né
al pianto di infanti terrorizzati, né al pallore
di giovani madri, né all'inebetirsi di vecchi legnosi.
Augusto procedeva: freddo ed efficace come deve essere un
chirurgo, un pò cinico macellaio, un pò algido
ricamatore. Sì, ricamava col suo trapano disegni
imperscrutabili sulle dolenti gengive e sull'avorio ingiallito
dei denti. Ma, si deve dire, non fu sempre così.
Ci fu un giorno di debolezza anche per Augusto. Amore? Che
altro è l'amore se non suprema fragilità?
Siamo improvvisamente disposti a tutto, o tutto viene perpetrato
a nostro danno. Eppure non si sente nulla, siamo stati anestetizzati
dalla natura; non si sente e non si vede che il suo respiro,
la sua bocca, i suoi occhi. Ecco, furono quelli occhi: verdi
d'una laguna tropicale dove saettavano come preziosi pesciolini
barbaglìi d'oro e rossastri. Occhi bellissimi e imploranti.
Sotto la crudele luce della poltrona quella donna non disse
nulla, ma gli occhi sì, invocavano pietà:"
Risparmiatemi!". Emozione, tensione o paura che fosse,
mentre già brandiva il suo trapano Augusto vide sgorgare
da quelle dolcissime pupille due lacrime silenziose."
Risparmiatemi!" dicevano," Pietà!".
La freddezza professionale, il rigido calcolo chirurgico,
la corazza emotiva: tutto crollò in un momento e
si sciolse in un grumo molliccio e dolciastro di amore.
Sì. Augusto si era innamorato di quei due occhi,
e quelle lacrime avrebbe voluto asciugarle lui con i suoi
baci. Se si fosse visto allo specchio in quel momento Augusto
avrebbe riso e pianto di sé. L'inesorabile, plumbeo
odontoiatra, imperturbabile dietro la sua fronte piatta
e fredda come una lastra marmorea, era ormai ridotto a uno
sconvolto adolescente in amore: rosso, avvampato in viso,
sentiva il sudore colargli nella camicia, gli occhi foschi
e febbrili dietro la sua maschera da dentista. La mano,
sospesa in aria, continuava inspiegabilmente a tremare.
Le lacrime della donna scesero lungo il suo bel collo e
sparirono nella scollatura: lacrime lunghissime che la dicevano
lunga, il corpo ormai arreso, la donna chiuse le palpebre
come rassegnata al supplizio." Bé...vediamo.
Ma sì ...Sono stato precipitoso! Forse, vediamo,
forse possiamo salvarlo il suo molare...". Come ci
si sente quando la pena capitale viene commutata all'ultimo
momento? E Augusto? Pagò caro il suo amore impossibile.
Il fradicio molare infettò mezza dentatura rischiando
l'esito grave di una sepsi generale. La donna fece causa
al dentista per la sua incapacità professionale e
i danni derivati. E la vinse. Da quel giorno Augusto non
guarda più in faccia nessuno!" Apra la bocca!"
ordina severo, e scruta fino in fondo.
Luigi M. Bruno
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