LE
NUOVE VISIONI DELL’OMBRA
È
nella contemporaneità dell’arte che l’Ombra
ha riacquisito la suggestione di uno sdoppiamento e non
solo contrapposizione alla luce o per una sua generazione,
fornendo ispirazione e fonte di elaborazione per molti artisti.
Come tende a dimostrare Lea Vergine nella mostra che ha
curato su tale tema, allestita prima a Siena e attualmente
a Nuoro, l’ombra è necessaria e la sua mancanza
può determinare inquietudine. Partendo dagli egizi
e stimolandosi ai racconti di Adalbert von Chamisso e di
Hugo von Hofmannsthal sulla perdita o anche il cattivo uso
dell’ombra, la curatrice evidenzia come l'ombra (tenebra
o sagoma scura) costituisce la parte segreta di persone
ed oggetti.
A Roma, in questi ultimi mesi, si sono susseguite una serie
di mostre che hanno nell’Ombra il perno artistico,
ma anche al sua impossibilità di esistere senza Luce,
se non elaborandola nell’artificiosità.
Nelle 70 fotografie che Lorenzo Scaramella ha esposto l’Accademia
Britannica in febbraio, risalta la capacità tecnica
dell’autore, sono esteticamente belle e attraenti,
dove gli oggetti sono sculture greche e romane, sulla cui
superficie la luce scivola, fornendo la dimostrazione che
solo l’ombra può esaltare i volumi.
Attualmente all’Instituto Cervantes sono esposte le
opere dell’autodidatta Menchu Lamas, ritenuta figura
chiave nel panorama dell’arte contemporanea internazionale,
con colori sgargianti e spesso improbabili, ma sulla cui
superficie risalta le sagome, più che un’ombra
come vorrebbe suggerire il titolo, di mani e persone. Probabilmente
quel “L’ombra nella mano” è metaforicamente
inteso come – all’ombra – nel senso che
è grazie alla mano, non specificando se è
la destra o la sinistra, che crea queste pitture stranamente
sfamate al mercato artistico americano, suggestionando collezionisti
inattendibili, ma che riesce anche a coniugarle ad un mondo
rurale con credenze e icone proprie che si rivela anche
cosparse di riferimenti universali.
A queste “motivazioni” artistiche dell’ombra
va rispettosamente aggiunta la visione che ne da Ruza Gagulic
nelle sue recenti opere. Sette lavori di estrema luminosità,
dove l’ombra non è solo la sagome della persona,
ma lo specchio dell’individuo raffigurato.
I caratteri delle persone in primo piano si perdono nella
luminosità delle figure, per essere descritti nell’ombra
in secondo piano. Un’ombra non è disegnata,
ma rispetta le indicazioni di un disegno e come tale arricchisce
l’ombra proiettata dai segni fisognomici, con soggetti
pittorici surreali come “Marines a Wall Street”,
sostituendo le valigette ai mitra, o “Visitatori di
Macro”, probabilmente colti ad un’inaugurazione.
Le figure sono tracciate con la sola tonalità di
bianco su di un supporto trasparente, proiettando sul secondo
piano dell’opera l’ombra descrittiva e quella
creata dall’illuminazione dello spazio espositivo,
rendendo l’ombra la protagonista assoluta.
Atmosfere minimali per la raffigurazione del quotidiano
osservato come se fosse imprigionato in un acquario e come
in un acquario è il silenzio che regna, ma non per
questo le figure non parlano.
Così le ombre Rua Gagulic, al contrario del
personaggio di von Chamisso, crescono per caratterizzare
lo spazio pittorico.
g.l.
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