IL GENIO E LA FANCIULLA
A parte il titolo che nella versione italiana ne riecheggia un altro “Io e Napoleone” di Virzì il film è sottilmente e forse volutamente kitsch anche perché l’attore Ed Harris è un po’ sopra le righe, eccede nella recitazione esasperando alquanto i difetti, che pur non dovevano mancare del grande compositore. “io e Beethoven” rimane comunque un film da vedere e soprattutto da ascoltare. Istruttivo, gradevolissimo, intrigante; sicuramente è un buon pretesto per immergersi nella musica, divina e travolgente, di Ludwig van Beethoven. La sua sinfonia, la Nona possente e trascinante invade e pervade tutta la sala del cinema; l’inno alla gioia, un canto dello spirito che si innalza a Dio, si posa su ogni cosa e persona penetrandone l’anima. Beethoven fu certamente un uomo dalla personalità forte e affascinante, dal carattere pressoché impossibile, ma fu soprattutto un artista immenso. Il film evidenzia il rapporto viscerale dell’uomo con la sua musica e ancora, e soprattutto, il rapporto dell’Artista con Dio; quasi un dialogo di “parità” parlato attraverso le note che fanno da ponte. “Il linguaggio di Dio è la musica – sosteneva Beethoven – il suo soffio arriva attraverso le vibrazioni dell’aria come un suono pieno di melodia”. E ancora: “I musicisti sono uomini fortunati perché sono quelli a Lui più vicini e la natura, piena del suo respiro, è fonte di ispirazione”. Per Ludwig la musica è eterna e universale, non ha un inizio né una fine; è infinita, viva, non sarà mai un freddo calcolo matematico. È lei il veicolo più naturale e diretto che ci collega a Dio, per questo il musicista riesce a dialogare con Lui più di chiunque altro. L’ego smisurato del grande compositore tedesco è messo in evidenza, nel film, anche dal cartello che campeggia in casa Beethoven. Sulla parete vicino al suo amato pianoforte c’è scritto: “io sono tutto ciò che è, che è stato e che sarà”. D’altra parte come dargli torto; la sua musica è immortale, le sue sinfonie celestiali, le melodie sublimi. Il genio quando è così creativo può anche permettersi di sentirsi onnipotente. Questo dualismo, questo continuo dialogo con Dio sarà sempre presente nella sua vita anche quando la sordità gli impedirà di sentire i suoni. “La sordità è la peggiore delle condanne per l’artista che crea musica, ma riesco a capire perché Dio me la abbia inflitta” dice a un certo punto Beethoven. “Questa menomazione mi fa ascoltare meglio le voci di dentro, ha sviluppato le percezioni sensoriali più nascoste. La mia musica, ora, nasce non più dall’anima ma dallo stomaco, dalle viscere. È il silenzio la chiave di tutto”. La sua ultima composizione “La grande Fuga” quando fu eseguita in pubblico non venne capita. Era una musica rivoluzionaria, una specie di ponte che collegava il vecchio (la musica vecchia) al nuovo e questo fu l’ultimo grandioso atto di un compositore eccelso. Il film di Agnieszka Holland descrive Beethoven come uno spirito ribelle, sanguigno, forte e spigoloso; una personalità straripante e un carattere difficile, insofferente. La storia del grande Ludwig (Ed Harris), ormai sordo, e del rapporto con Anna Holtz (l’Io del titolo, Diane Kruger), che per un periodo di tempo lavorò come copista accanto al grande musicista. Lo scetticismo di Beethoven che prima rifiuta di essere assistito da una donna e poi accetta di buon grado convinto che Dio stesso l’abbia inviata a Lui. La grande ambizione della bella allieva del Conservatorio di Vienna che sogna di diventare una compositrice. Il rapporto tra i due che non è per niente facile … ma incombe la prima della Nona Sinfonia e il maestro, quasi completamente sordo, sa di non potercela fare senza quella donna diventata a poco a poco indispensabile. Ludwig dirige l’orchestra e Anna, di nascosto, l’aiuta mimando le “battute”. L’esecuzione sarà un trionfo. Poi gli ultimi fuochi, “La grande Fuga” fino alla morte. Si spegne un uomo, un grande compositore, un genio ma la sua musica sarà immortale.
Ester Carbone
|
Cast |
Ed Harris, Diane Kruger, Ralph Riach, Nicholas Jones, Joe Anderson, Phyllida Law, Matthew Goode, George Mendel |