VIA TASSO 145
A Roma vi è stato un periodo, tra i primi di ottobre del 1943 e la fine maggio del 1944, in cui il solo nominare via Tasso creava sgomento o addirittura terrore. E un nome scritto col sangue nella storia della Resistenza romana. Questa nacque il 9 settembre 1943 allorché, a seguito dell’Armistizio le truppe tedesche iniziarono ad attaccare i reparti italiani, questi sebbene numerosi furono così mal comandati che in breve, dopo violenti e sanguinosi scontri a cui presero parte molti civili, si sbandarono; parte dei militari fu catturata, gran parte riuscì a raggiungere i propri luoghi di origine ma molti si organizzarono per continuare la lotta contro i Tedeschi e il nuovo regime Fascista appena ricostituito. Gruppi di varia provenienza si collegarono nella lotta antinazista, ci fu il Fronte Clandestino Militare, un altro costituito da appartenenti alla Regia Aeronautica, la Banda Caruso formata da Carabinieri, la solidissima struttura del Partito Comunista forgiata in anni di clandestinità, gruppi minoritari aderenti al Partito Socialista, a quello d Azione, ai repubblicani, ai cattolici, ai monarchici; particolarmente attiva una formazione chiamata Bandiera Rossa di impostazione trotkzista. I patrioti effettuarono attentati alle persone, sabotaggi ad impianti e mezzi militari, raccolta informazioni per gli Alleati, copertura di ricercati e di Ebrei, propaganda anti tedesca a mezzo giornali clandestini e manifesti. Da parte loro gli occupanti predisposero una dura repressione a mezzo di reparti speciali; i Fascisti utilizzarono solo in parte la Pubblica Sicurezza di cui non si fidavano e costituirono gruppi autonomi quali la Banda Koch che aveva base nella Pensione Jaccarino a via Romagna e la Banda Bardi-Pollastrini istallata a Palazzo Braschi; queste formazioni si segnalarono per violenze ed eccessi al punto da essere sciolte dagli stessi Tedeschi. Costoro a loro volta si basarono su un efficiente apparato operativo facente capo alla Gestapo comandata dal Ten.Col. Kappler che pose il suo comando in via Tasso in due stabili ai civici 145 e 155. La via è nelle vicinanze della Basilica del Laterano, in un tranquillo quartiere piccolo borghese e nell’anonima edilizia umbertina della via spicca l’aspetto delle due palazzine fatte costruire nei tardi anni Trenta dai Principi Ruspoli; alcuni appartamenti erano già da tempo affittati all’Ambasciata Germanica. A fine settembre i due stabili furono fatti sgombrare dagli inquilini ed occupati dal Kappler che istallò al 155 alloggi, magazzini ed uffici per il suo personale e nel 145 la vera e propria prigione murando porte e finestre e sbarrandone altre. Subito cominciarono ad affluire prigionieri, per lo più scoperti per delazione, ed iniziarono gli interrogatori e le torture che in tanti casi giunsero sino alla morte, comunque anche per chi scampò fu una esperienza terribile, fame, freddo, promiscuità, bastonature, umiliazioni. Molti uscirono soltanto per recarsi davanti ai plotoni d’esecuzione. Per nove mesi via Tasso significò terrore e morte poi il 4 giugno 1944 i Tedeschi sgombrarono Roma portando con se alcuni prigionieri lasciandone altri che furono immediatamente liberati dalla popolazione, i due edifici furono devastati e saccheggiati e subito dopo vi si istallarono gli sfollati cancellando le tracce del triste passato. Con il ritorno della normalità gran parte delle due palazzine fu restaurata ma i Ruspoli donarono allo Stato quattro appartamenti in cui il 4 giugno 1955 fu inaugurato il Museo Storico della Liberazione. Tre di questi appartamenti sono stati allestiti cercando di recuperare in parte lo stato dei locali quando erano prigione ed esponendo cimeli di alcuni di coloro che vi erano transitati nonché numerose immagini dei Caduti. Appaiono i volti di Montezemolo, dei Carabinieri Aversa, Frignani, De Carolis, il Generale dell’Aeronautica Mantelli Castaldi, il diplomatico De Grenet, il tenore Stame, l’ufficiale di P.S. Maurizio Giglio, il professore Pilo Alberelli, i civili Romualdo Chiesa e Manlio Gelsomini, il sacerdote Piero Pappagallo. Alcune stanze rievocano il martirio dei 335 fucilati alle Fosse Ardeatine, di quelli di Forte Bravetta e dei caduti de La Storta uccisi dalla scorta mentre venivano portati via da Roma lo stesso 4 giugno. Due piccoli sgabuzzini senza finestre sono coperti di graffiti incisi dai prigionieri che esprimevano così il loro dolore e la loro fede, in un appartamento è esposta numerosa documentazione relativa alle dolorose vicende degli Ebrei romani con foto e documenti, altri documenti rivelano la pedante burocrazia tedesca che registrava i prigionieri, i loro interrogatori e la sorte a cui erano destinati, in alcune bacheche esemplari di giornali e di volantini stampati in clandestinità. E un Museo molto visitato dalle scuole con la speranza che i giovani possano capire quanto sia grande l’amore per la libertà e il proprio paese; certo i locali, dopo le tante traversie subite, danno una pallida idea di quale dovesse essere l’atmosfera dei tempi cupi dell’occupazione tedesca. Stanze buie, finestre murate, comandi secchi, battiti di tacchi, luce fioca, urla di torturatori, gemiti dei torturati.
Roberto Filippi |