SOGNANDO UN SINDACO FASCISTA
Più che una rassegna dell’Italia che si diverte: quasi le Sei Tavole delle Leggi del Divertimento dell’Italia dei nostri giorni. In sei capitoli, Francesco Piccolo racconta il suo pomeriggio da spettatore nello studio di Domenica In e una giornata di esodo vacanziero nell’ Autogrill Più bello di Italia. Il Film di Natale il giorno di San Silvestro, nel multisala più di moda a Roma, e una giornata a Mirabilandia con due bambine di sette anni. Infine, la Notte Bianca a Roma. Viene da mettere le maiuscole, perchè questi sono i Grandi Divertimenti dei nostri anni, che l’autore sceglie e descrive con occhio acuto e con umorismo ironico. Ne è passato di tempo dalle scene memorabili degli assalti alle spiagge di Ostia dipinte da Fellini, o dalle partenze per le vacanze in cinquecento degli anni Sessanta. Tutto si è fatto più grande, più moderno, più spettacolare. Dalle undici sale saldate dalle scale mobili d’acciaio del cinema Adriano, agli autogrill con chilometri di specialità locali chiuse nel cellophane, allineate nel percorso obbligato verso la cassa; alle terrificanti montagne russe di Mirabilandia, dove anche il cuore degli adulti si spaura. Eppure, sotto sotto, non molto è cambiato nell’animo di un popolo rimasto caciarone, godereccio, desideroso di dimenticare sé stesso e i propri problemi cedendo in prestito la propria mente al fittizio e al meraviglioso. Il pennello di Piccolo è brillante, abile nel riprodurre luoghi, oggetti, persone, colori. Ne esce un affresco minuzioso e puntuale, che strappa la complicità e il sorriso. Eppure – questo in fondo il punto discutibile del libro – dai quadri che mostra, l’autore rimane sempre un po’ all’esterno. Lo sguardo a volte spaventato (“Sulla giostra Stella e Camilla si sono divertite. Io, se devo dirla semplicemente, mi sono cagato sotto”), a volte distaccato, finisce spesso per divenire apertamente snob.
Tecnologici come Mirabilandia, manipolatorii come gli spettacoli televisivi, consumistici come gli autogrill, volgari come i film di De Laurentiis, i divertimenti degli italiani all’autore non piacciono. Il che può essere condivisibile. Ma verso la fine del libro, lentamente si insinua nel lettore il sospetto che in fondo, quello che davvero all’autore non piace sono gli italiani stessi. Non solo quelli che fanno la fila per un gioco di tre minuti a Mirabilandia, o per il film di De Sica che inizia fra quattro ore. Ma anche quelli che intasano la città nella Notte Bianca, e fanno la fila per vedere un quadro o ascoltare una poesia. L’autore stesso un po’ se ne rende conto, e un po’ se ne compiace, così che con un ultimo svolazzo di sorridente condiscendenza, conclude col racconto di un suo sogno felice: “...un sindaco incazzato e un po’ fascista che quando sentiva la parola cultura sputava per terra. Che se un teatro storico moriva, era un po’ contento. Che senza nemmeno aspettare che tutte le case della letteratura, del jazz, del cinema eccetera andassero in rovina, le sequestrava e convocava architetti, ordinando di trasformarle in mattatoi, e in qualche megafabbrica, magari anche tossica. Nel sogno, io quel sindaco fascista non l’avevo votato, avevo votato il suo avversario colto, intelligente e con tante meravigliose idee. Ma, grazie a Dio, avevamo perso.”
Marta Baiocchi |