IL VIDEO UNISCE
I Balcani, frammenti di territori di mille nazionalismi, trovano una parziale riunificazione nella proposta espositiva di Ludovico Pratesi e Dobrila Denegri, con le opere di una generazione emergente di artisti provenienti dai paesi dei Balcani (Slovenia, Croazia, Bosnia e Herzegovina, Serbia, Montenegro, Macedonia, Albania, Bulgaria, Romania, Moldavia, Turchia) per essere esposte nel Complesso di San Michele a Ripa.
La mostra si raccoglie sotto il termine inglese inbetweeness e può essere inteso come ciò che è tra un luogo e un altro, tra una dimensione temporale e un'altra. Questa condizione connota fortemente coloro che provengono dai Balcani ed è diventata nel tempo non solo uno stato giuridico, sociale e politico ma anche esistenziale, mentale e psicologico. Non a caso nell'ambito della riflessione concernente la necessità di ridefinire la propria identità culturale, per i popoli balcanici si allude alla nozione di "identità molteplice" che coniuga oppure scinde i tratti culturali del luogo d’origine e quello di residenza.
Lo statista inglese Winston Churchill definiva i Balcani come il luogo capace di produrre più storia di quanta ne possano digerire ed è la concezione di storia in quanto memoria che viene posta in primo piano nei lavori di questi artisti che spesso vivono in diversi paesi europei o negli Stati Uniti. Così confermano e danno visibilità a questa condizione "trans-Balcanica" che si rivela anche nelle loro opere che riflettono temi come nomadismo, mobilità, emarginazione e diversità culturale.
Sono artisti che raccontano le loro storie personali, riflettono esperienze collettive della condizione di continuo cambiamento e trasformazione del loro contesto d'origine. Le loro opere analizzano i drammi del passato recente, si interrogano sul presente ancora incerto e gettano un ponte di speranza per il futuro. Un caleidoscopio in cui si alternano toni tragici e critici con accenti ludici o ironiche, visioni utopiche, surreali e futuribili.
Fatta eccezione per l’ampio intervento di tappeto erboso filigranato ad arabesco e delle foto-pitture-installative, è il video che prevale come mezzo espressivo e immediato strumento del racconto delle singole frammentazioni.
Gli artisti si raccontano e raccontano il loro territorio attraverso una curiosa lezione sull’amore per mezzo di traduzioni da e per l’italiano di singoli termini o di frasi compiute, ma anche con la parola e il viso di un’anziana in bianco.
Altri hanno scelto di far parlare il silenzio delle immagini, ma il filo che collega un’opera all’altra è il luogo come possibile surrogato d’identità.
La molteplicità di questo luogo posto come demarcazione tra Oriente e Occidente, si sviluppa anche nel recente libro di Fernando Gentilini “Infiniti Balcani. Viaggio sentimentale da Pristina a Bruxelles”, un caleidoscopio di emozioni e di culture che conducono ad un’emarginazione di diversità.
Una terra di transito che ancor oggi il nominare “Balcani” non riesce far emergere una sola associazione di serenità, ma di violenza, un continuo conflitto che, in mezzi e forme diverse, non riesce a trovare una conclusione, sino a quando la completa frammentazione non sarà ultimata.
g.l.
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