la
donna giusta
Márai Sandor ha saputo interpretare
la solitudine e l'ansia dell'est europa, con una sensibilità
spietata e una coerenza che tragicamente lo ha portato a
morire suicida in California.
A dispetto del titolo pseudoromantico,
la parabola della Donna giusta percorre i sentieri della
solitudine, attraverso una storia interpretata a quattro
voci, che si completano come tessere di un mosaico, in un'arco
temporale che abbraccia il periodo dal primo dopoguerra
fino alla conclusione del secondo conflitto mondiale.
Si tratta in effetti di opere distinte, la prima scritta
nel 1941 composta dai monologhi paralleli di una moglie
ed un marito, ed una seconda composta nel '48 che riporta
il monologo "dell'altra donna". A questi tre monologhi
Sandor trentanni pù tardi rimetterà mano aggiungendo
come chiusa del romanzo finale il quarto monologo, vero
epilogo del caleidoscopio.
I quattro monologhi esaltano la finezza linguistica dell'autore,
che ad ogni personaggio riserva una chiave espressiva sua
propria a seconda dell'estrazione sociale, e la straordinaria
capacità di sandor nello sparire nei suoi stessi
personaggi, mimettizandosi in modo camaleontico nelle nevrosi,
nelle pochezze e nel desiderio ossessivo di riempire ogni
spazio della vita di chi si ama. Non ultima è da
sottolineare la scelta narrativa che colloca i quattro monologhi
in quattro momenti distinti: il pomeriggio per la moglie,
la notte per il marito, l'alba per l'altra donna e dinfine
lo spazio anonimo e senza tempo di un bar a New York per
l'epilogo. Si inizia così un viaggio percorso nel
sentiero del ricordo malinconico di una moglie che ha vissuto
nella totale dipedenza dal marito, finendo fatalmente per
perderlo e nel trauma della separazione conquista una dolorosa
emancipazione. Il racconto del marito sonda invece la profndità
della crisi della classe borghese vissuta e riflessa nel
lessico familiare in cui si consuma la progressiva incomunicabilità
fra uomo e donna, espressa in arabeschi linguistici e rafinate
metafore. Completamente diverso il tono del racconto di
Judith, l'altra, popolare e a tratti quasi una caricatura
nella spreguidicato sberleffo di una società prima
vista come donna di servizio e poi vissuta come signora.
L'alba è sorta ed è il turno di Ede, ungherese
fuggito negli Stati uniti perchè ricercato dalla
ÁVO - la polizia politica del regime comunista -
che in una tappa romana della sua fuga ha una figace relazione
con Judith, a lui il compito di chiudere il sipario. In
sole quaranta pagine si condensano le vite raccontate da
un estraneo in terra estranea, spostando i "cent'anni
di solutidine" di un menage a trois nell'isolamento
e nel rifiuto dell'american way of life a cui Ede non riesce
a cedere.
Un grande insegnamento ed una grande eredità, non
disperdiamola.
Dante Picca
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Descrizione |
È solo
quando suona alla porta della suocera, alla quale intende
confidare la sua pena e i suoi sospetti che nella vita di
suo marito ci sia un'altra donna, che Ilonka capisce. Judit,
la domestica che la accoglie in casa, indossa un nastro identico
a quello che ha trovato nel portafoglio del marito e al nastro
è appeso un ciondolo con il suo ritratto. Judit è
la donna che Péter aveva amato molti anni prima, e
per la quale lascerà la moglie. Ma il secondo matrimonio
gli rivelerà, sui veri sentimenti di Judit, qualcosa
che non aveva mai sospettato. Un intreccio di passioni e menzogne,
di tradimenti e di crudeltà. |