QUANDO
I MURI PARLANO
Può una vecchia casa parlare? E se
raccontasse la vita delle tre generazioni che l’hanno
abitata, cosa succederebbe? Quest’idea la sviluppa
Nunzio Guerzoni, scrittore esordiente per i tipi di Deinotera,
una piccola ma promettente casa editrice romana, forse senza
neanche rendersi conto delle potenzialità della macchina
narrativa così messa in moto. Il protagonista è
un giovane ingegnere elettronico americano che, in un periodo
di crisi economica e familiare, riceve in eredità
una vecchia casa padronale in Italia. Si reca quindi nel
nostro paese per venderla tramite un’agenzia, ma nel
frattempo la abita e ne approfitta per sviluppare i suoi
esperimenti di rilevamento elettronico dei rumori e delle
loro tracce, senza disdegnare la seduzione della bella segretaria
del notaio (moglie e figlio li sente solo per telefono).
Ma i suoi esperimenti vanno ben oltre i risultati sperati:
riesce a parlare con la casa, che gli racconta la sua storia.
E qui si dipana un romanzo familiare nella migliore tradizione:
il fondatore della dinastia aveva intuito la presenza di
buona argilla nei campi e alla fine dell’800 aveva
messo su una fabbrica di mattoni, ben presto modernizzata
con una fornace Hoffman (simile alla fornace Veschi che
ancora pochi decenni fa era visibile a Roma nella zona di
valle Aurelia). Il patriarca aveva messo su famiglia, e
la sua storia segue la storia economica dell’Italia:
padroni e salariati, un figlio morto in guerra, la crisi
economica e gli scioperi negli anni ‘20, l’indebitamento,
la ripresa, il cambio di proprietà, la proliferazione
della famiglia, la riconversione agricola del fondo, la
meccanizzazione dell’agricoltura, l’emigrazione
di parte della famiglia verso l’America (di cui il
protagonista è discendente), di nuovo la guerra e
la ricostruzione del secondo dopoguerra, il benessere goduto
e poi dilapidato dalla generazione più giovane…
insomma è un bel romanzo storico italiano, pieno
di dettagli puntuali, ma senza glosse o tempi morti. Via
e morte si susseguono nei ritmi naturali, ma la Storia interviene
spesso a cambiare il corso naturale delle cose. C’è
qualche ingenuità stilistica e anche qualche omissione
(del fascismo, p.es., non si parla affatto, eppure coinvolgeva
anche il mondo del lavoro), ma è pur sempre un’opera
prima e va trattata con clemenza. Brillante anche il finale:
il nostro ingegnere venderà la casa solo a chi promette
di restaurarla ed abitarci, ma si tiene la mappa di una
galleria che sicuramente rivedremo nel prossimo libro, foriera
di tesori e di avventure. Nel frattempo la relazione con
Lisa finisce e lui torna all’ovile dalla moglie. Ma
avrà una sorpresa: gli agenti della CIA e i Carabinieri
lo tenevano d’occhio e vogliono saperne di più
della sua strana invenzione. Il finale è aperto:
lui continuerà le ricerche in un ambiente protetto,
ma sa il cielo cosa accadrà in futuro. In un certo
senso questo libro è la metafora di se stesso: l’autore
ha creato una stupenda macchina narrativa che non ha avuto
il coraggio di portare sino in fondo. Un’invenzione
come quella del libro – riascoltare le tracce sonore
delle mura di una casa - in mano a Dario Argento o ad Alfred
Hitchcock, diventerebbe un film dell’orrore; affidata
a Steven Spielberg sarebbe sviluppata fino alle estreme
conseguenze, nello stile di Minority Report, mentre qui
restiamo nell’ambito della storia della borghesia
agraria italiana. Se ne può ricavare una buona fiction
televisiva, ma nulla più. Ma vediamo come la storia
continuerà: l’autore è brillante e promette
bene.
Una curiosità: Memorie di una casa
gialla (Recordaçoes de casa amarela) è anche
il titolo di un bel film portoghese del 1989, del regista
César Joao Monteiro.
Marco Pasquali
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