stelle
e paillettes
Vanno in scena la Motown e la
Detroit degli anni '60 in questo scintillante Dreamgilrs
che racconta la faticosa ascesa e il venire a patti con
il successo- o sarebbe meglio dire con il diavolo - delle
Dreamettes, trio vocale all black che ricalca le sorti delle
Supremes che furono il trampolino di lancio di Diana Ross.
Diana Ross ha dichiarato che avrebbe visto il film in compagnia
del suo avvocato, ma d'altra parte la femme fatale del soul
non aveva gradito neppure il musical omonimo dal quale è
tratta la pellicola di Bill Condon, che già aveva
firmato l'adattamento per il grande schermo di un mostro
sacro come "Chicago".
A onor del vero bisogna ammettere che la Ross non ci fa
propriamente la figura del giglio immacolato, ed è
comunque un fatto che Florence Ballard venne letteralmete
fatta fuori dalle Supremes per finire i suoi giorni in miseria
a soli trentadue anni. E' quasi scontato di consegueza il
tono melodrammatico di Dreamgirls che peraltro si presenta
stracandidato alla serata degli Oscar. La storia segue l'ascesa
di un terzetto vocale all black, notato da un manager senza
scrupoli, pronto a cogliere l'occasione per plasmare un
prodotto "digeribile" da un pubblico di bianchi.
Per farlo non esita a sacrificare prima una star già
addomesticata per il gentile pubblico e poi la più
dotata del terzetto e quindi meno manipolabile, in favore
della mediocre, ma avvenente compagna che si lascia dirigere
dal burattinaio dal quale non riuscirà più
a liberarsi.
La regia di Condon segue il percorso narrativo del musical
original aggiungendo poco ad un successo annunciato e peccando
in una scarsa partecipazione emotiva, ma in cambio il film
offre scenografie e costumi perfetti e un eleganza formaleche
ricrea fedelente i favolosi anni della Motown. Beyoncé
Knowles, che pure proviene da un terzetto vocale costruito
ad hoc, non riesce a dare più dello stereotipo alla
sua interpretazione e finisce per sembrare opaca e spenta,
ma d'altra parte le si chiede sostanzialmente di essere
bella e senz'anima. Meritatisima la candidatura di uno strepitoso
Eddie Murphy che nelle vesti di Jimmy "Thunder"
Early, drogato e sessuomane in bilico fra James Brown, Smokey
Robinson e Marvin Gaye, oltre ad un'interpretazione sopra
le righe rivela anche sorprendenti doti canore. Vera sorpresa
e stella nascente è l'immensa Jennifer Hudson che
offre una prova di rara intensità, non c'è
finzione nella sua interpretazione, ma un gran cuore e un
grande talento che l'Accademy non potrà non riconoscere
e premiare.
Claudia Patruno
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