Mediterranea

CINEMA E ARCHEOLOGIA

Viviamo in tempi di forsennato archeologismo. Si restaura tutto ciò che è restaurabile: non solo chiese, fontane, tele, mosaici, ma anche sassi, cocci, monete, pezzetti di pergamena, forcine, trottole, unghie di mummia! Tutto questo deriva dalla sconsolata certezza di aver forse toccato l’estremo, o comunque di vivere in decenni dove tutto è già stato detto e fatto? Dove artisti prepotenti e innovatori, forse frutto di una diversa società, non riescono più a germinare e a crescere? Di noi forse si dirà: preservarono l’antico perché non avevano futuro. Quale altra epoca volle e seppe rispettare, con uguale, squisita delicatezza, i fasti precedenti? La crudele legge della natura insegna: gli strati si rinnovano e poi si depositano: resta quel che resta. Ma noi dobbiamo salvare i nostri sogni: i deperibili fossili cinematografici.
L’archeologia del cinema, sorella minore e ultima arrivata, grida giustizia per salvare i suoi depositi di mummie in sfacelo (quanti film non potremo mai più vedere!). La storia del nostro cinema ha solo cento anni, ma è già vecchia, decrepita. Rivediamo le comiche di Chaplin come reperti arcaici, i soli cinquant’anni che ci separano dal cinema dei “telefoni bianchi” ci sembrano abissi di ere, inguaribile nostalgia ci strugge solo a rivedere un Antonioni o un Bergam di trent’anni fa (autori pur viventi), già siamo in spirito di rievocazione per l’Herzog, l’Altman o lo Scola che abbiamo appena lasciato dietro l’angolo. Forse perché è successo tutto troppo in fretta; forse perché il cinema è materia frettolosa e deperibile legata alle mode, sempre più frettolose e deperibili. Perciò se è giusto salvare un coccio etrusco o un chiodo sumero, è doveroso che la nostra civiltà così distratta per quel che le è più vicino salvi i suoi, i nostri sogni!
Questo è il cinema, nato come baraccone delle meraviglie, nonostante abbia faticosamente guadagnato rispetto e considerazione di arte autentica, ha conservato la sua infantile origine di meravigliosa evasione, di catartico sogno collettivo. Buttiamoci a capofitto, con corde e lanterne, nelle caverne dimenticate di antiche “pizze” di celluloide, riscopriamo l’antichissimo di 40, 30 o solo dieci anni fa, materia nostra che possiamo ancora decentemente decifrare perché ci appartiene tutta. Non vadano perduti i sogni con cui crescemmo, che catturarono lo stupore dei nostri occhi o quello delle due, tre generazioni precedenti in cui tutta si racchiude la storia del cinema. Restauriamo per gioco e per amore, come si rigioca coi vecchi soldatini ritrovati in soffitta, quando pensavamo veramente di vivere battaglie memorabili. Il gioco è una cosa seria.

Luigi M. Bruno
ORIZZONTI 1997/98 (Dicembre-Gennaio)


realizzato da

con il patrocinio di


ROMA CULTURA Mensile di Immagini, Suoni e Scritture
Registrazione Tribunale di Roma n.354/2005 del 19 settembre 2005
Direttore responsabile: Stefania Severi - Responsabile di Redazione:Claudia Patruno