Mediterranea

L’ATLANTE SEGRETO DI ALESSANDRA CELLETTI

Ascoltando “Golden Fly” di Alessandra Celletti, attraverso i delicati e
ostinati percorsi sonori dei suoi lunghi assoli al piano, mi si aprono man mano paesaggi
intessuti di piccoli gesti e piccole cose, contemplo lente solitudini, i luoghi e le strade
che in noi vivono e da noi partono per viaggi in cerchio, intorno al nostro esistere.
E proprio come un tenace filo d’Arianna, che mai si rompe smemorandosi, seguo a piccoli
passi quel trascolorare, e mutar di stagione, certo lenta meditata stagione, presentimento
di cieli e di tempi a venire; quel divenire nel nulla apparente di piccoli minuti, quella
favola appena annunciata come una soffice ninna—nanna che è già poi tutta la nostra storia,
il nostro lungo e pur brevissimo cammino.
Timidi cenni melodici nel segreto gocciolare di una antichissima, remota sorgente,
stillicidio sonoro che inventa trasparenti stalattiti.
E così noi, dal nulla e con poco, senza urli e invettive, nella penombra incantata di veli
lunari, dove tutto appare e tutto ti inganna, dove tutto cangiante rifiuta nitidi specchi,
così noi costruiamo i nostri sogni e in essi amiamo vivere.
Matrice romantica certamente, della musicista romana, d’un romanticismo decantato,
filtrato attraverso gli alambicchi di Ravel e delle sue sorprendenti, crudeli favole,
lungo gli amati labirinti e gli inesausti crepuscoli di Erik Satie. Che altro?
Parlare anche di Debussy e delle sue “Images”? Citare financo le variazioni, il “giro”
infinito, la spirale un po’ jazz di Keith Jarrett? Perché no? Abbiamo padri e antenati
che ci han preso per mano e condotti nel giardino nascosto dei nostri quotidiani deliri.
Laggiù Alessandra Celletti ha trovato la sua strada, la sua geografia, il suo Atlante di
sogni e di luci.

Luigi M. Bruno


 


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