RICORDO
DI MARIO MARTINi
Pochi giorni fà è scomparso Mario Martini.
L’ultimo pittore della generazione di via Margutta
degli anni ‘50? L’ultimo pittore bohemiénne?
O addirittura l’ultimo pittore di strada? Perché
erano quelle quattro strade del centro la sua vera casa,
nel suo “studio” ci andava solo a dipingere
in fretta tele da svendere subito. Sì, anche dopo
le consacrazioni critiche importanti (Montanarini, Avenali),
dopo le prime esposizioni “vere”, Mario continuava
a svendere all’incanto i suoi dipinti per strada,
o in qualche trattoria, o negli studi degli amici. Lo conobbi
così, quando avevo lo studio a via Gesù e
Maria: scendeva da noi (eravamo in cantina) un giorno sì
e uno no a proporci tele freschissime, appena allestite,
in cambio di 20-30 mila lire. Era un ex finanziere come
si dice ammalatosi di “testa” e messo a riposo
in anticipo. Coltivava buffe originalità, in giro
col suo giaccotto orlato di pelliccia, feltro in testa e
bastone col pomo, come a darsi un quarto di nobiltà,
come a far capire che era ormai un pittore vero. Quelle
sue quattro strade al centro sono ancora piene delle sue
frasi sgrammaticate, sconce, graffite a carboncino: una
specie di matto, ingenuo Pasquino, a redarguire politici,
scandali, corruzioni. Sì, dipingeva troppo in fretta,
e non aveva tempo per raffinati impasti; correva sulla tela
con la foga delirante e furibonda del vero espressionista,
con i colori presi dal tubetto, così com’erano.
Ma le sue distorte, ondeggianti piazze romane, gremite di
grotteschi angeli svolazzanti, avevano nella loro irruente
ingenuità tutta la forza creativa e visionaria di
un uomo che sognava ad occhi aperti: cupole, colonne e puttane
nel vortice di un giocoso dinamismo che molto fa pensare
alla Roma di Scipione, o agli omini e alle case piegati
dal vento di un Soutine meno livido, meno angoscioso. Ultimo
pittore di strada? Ma anche ultimo erede di un far pittura
ostinatamente ribelle alla “professionalità”
concettuale, allo striminzito aforisma che pensa di essere
elegante nel suo dir poco o nulla. No, Mario Martini tracimava,
allagava di colore, nuvolette, uomini e angeli le sue tele
ancor fresche, proposte al cliente occasionale con brevissima
contrattazione. Molti hanno amato Martini, oltre me, e quando
da qui a non molto si organizzerà la sua sacrosanta
retrospettiva salteranno fuori, altre le cose dipinte per
ragioni “alimentari”, quadri più intensi,
forti, meditati, comprati un giorno per pochi soldi e domani,
forse, da ammirare in un museo. Esagero? Ne riparleremo
fra qualche annetto....
Luigi M. Bruno
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