LA
SIGNORA DELL’ASTRATTISMO
Otto grandi tele grezze, solcate da linee
e forme monocrome. Campiture astratte, piatte, che esaltano
la profondità, invece di annullarla. Otto campi energetici
di diversa intensità, quasi a catalizzare l’attenzione
di chi osserva. Sono i lavori realizzati appositamente,
dal 2006 ad oggi, per lo spazio culturale Valentina Bonomo,
da Carla Accardi.
Ma chi è Carla Accardi? Un nome che pochi conoscono,
sconosciuto anche alle persone di media cultura, noto solo
a chi segue da vicino il mondo dell’arte contemporanea.
Eppure, Carla Accardi, senza esagerare, ha davvero fatto
la storia dell’astrattismo italiano, a tal punto da
poterne essere considerata la “madre”.
Perché questa signora, nata nel 1924, come lei stessa
tiene a precisare, dalla Sicilia nel ’46 è
venuta a Roma, e, sfidando la tradizione figurativa, ed
ancor più i pregiudizi maschili, ha scelto un’arte
rigorosa ed essenziale, percorrendo la difficile strada
dell’astrazione.
Un’intuizione, quella dell’Accardi, che si rivelerà
davvero felice: il rinnovamento non può che passare
per l’astrazione, e, dando vita al gruppo “Forma
1”, un movimento impegnato sul fronte dell’astratto,
approfondirà la poetica del segno, inteso come grafema
di una scrittura visiva.
In tutte le sue opere troviamo il dualismo tra segno e materia,
sfondo e forma. Un dualismo onnipresente, anche se, a mano
a mano che la personalità artistica dell’Accardi
si evolve, lo sfondo diventa sempre meno importante, fino
a scomparire, dando il sopravvento al segno.
Non sono di facile comprensione i lavori di Carla Accardi.
I suoi “Segni Viola”, “Baleno Rosso”,
“Blu Volante”, a prima vista, sembrano quasi
scarabocchi senza senso. Ma, in fondo, come lei stessa dice
a chi le chiede cosa vedere nelle sue opere, non vi è
nulla da capire, anzi, non è richiesta alcuna razionalità,
ma solo il lasciarsi andare alle suggestioni evocate dalla
pittura.
L’assenza induce alla contemplazione, gli intrecci
di colore danno vita ad emozioni diverse.
Non lasciamoci, però, trarre in inganno, se i suoi
quadri sembrano cieli fittizi in cui far vagare la mente
umana… Non c’è spazio per l’emotività!
Il fine non è edonistico. Ma è quello di esplorare
la dinamica del segno, per restituire all’arte un
linguaggio autonomo. Una pittura “pura”, protagonista
assoluta di un’arte decisamente fuori dall’ordinario
sentire.
Simona Rasulo
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